Mike the Bike: l'uomo che aveva previsto tutto | Pirelli

Mike the Bike: l'uomo che aveva previsto tutto

 

Stanley Michael Bailey Hailwood, morto questa stessa settimana di 43 anni fa, era conosciuto anche con il soprannome di "Mike the Bike", un soprannome che ci dice molto del suo straordinario ventaglio di talenti. Per molte persone, questo campione delle corse motociclistiche trasformatosi in pilota da Gran Premio è stato uno dei piloti più versatili mai esistiti.

In sella alle moto, era indiscutibilmente uno dei più grandi, con quattro titoli 500cc (37 vittore), due titoli 350cc (16 vittore) e tre titoli 250cc (21 vittore), nonché 14 vittorie al TT dell'Isola di Man.

A prima vista per uno come lui passare dalle moto alle auto poteva magari sembrare un passaggio poco naturale, o comunque non tanto lineare come era stato invece per un suo compatriota, John Surtees, campione del mondo di F1 nel 1964.

Ma quando Hailwood ha fatto il suo debutto nella Formula 1 nel 1963, non è stato esattamente equipaggiato come Surtees; al contrario, guidava una Lotus-Climax dell'anno precedente gestita da Reg Parnell Racing. Questo ha fatto sì che i risultati, come ad esempio l'ottenimento del sesto posto ottenuto al Gran Premio di Monaco nel 1964, fossero assai migliori di quanto non sembrassero.

Ma c'era di più: mentre Surtees si impegnava nel convertirsi completamente al mondo delle quattro ruote, Hailwood era ancora all'apice della sua carriera in motociclistica e quindi in quel periodo stava gareggiando contemporaneamente su auto e moto.

Di conseguenza, la sua agenda è sempre stata molto fitta fino al 1968, quando Honda si è ritirata dal panorama delle corse motociclistiche, però pagando Hailwood per non correre per nessun altro. Questo vincolo gli ha fatto si quindi che le porte del mondo delle auto si aprissero definitivamente per Hailwood e non ci è voluto tanto perché i risultati iniziassero ad arrivare, e non solo in Formula 1. Nel 1969, è arrivato terzo a Le Mans a bordo di una Ford GT40 e si è classificato nuovamente terzo nella Formula 5000 dello stesso anno.

Era quindi inevitabile che ritornasse alla Formula 1 ed era altrettanto inevitabile che ciò avvenisse con il team di Surtees.

Nel 1971, John Surtees ancora gareggiava per conto proprio e la line-up dei due campioni motociclistici ha aiutato entrambi a ottenere il meglio l'uno dall'altro. Hailwood è arrivato quarto al Gran Premio d'Italia del 1971, regalandoci la scena del taglio del traguardo più ravvicinato di tutta la storia della F1; l'anno successivo, per poco non vinceva il Gran Premio del Sudafrica prima che le sospensioni della sua auto si rompessero.

Non ha mai ottenuto quella vittoria in F1, nonostante abbia accompagnato Surtees a essere incoronato campione della Formula 2 dell'anno 1972. I suoi sforzi nella categoria di punta hanno ripagato quando è stato ingaggiato da McLaren nel 1974, insieme al futuro campione Emerson Fittipaldi e Denny Hulme. Hailwood si è quindi portato a casa quattro traguardi classificandosi nella top five (incluso un podio a Kyalami) nella prima parte della stagione, prima che un frontale al Nurburgring gli causasse una brutta rottura delle gambe, lasciandolo invalido in modo permanente. All'età di 34 anni decise di dire addio alle corse e di trasferirsi in Nuova Zelanda.

Quello avrebbe dovuto essere il momento in cui la nostra storia volge alla fine, ma "Mike the Bike" non poteva certo mollare. Ha quindi ricominciato a gareggiare con le moto nell'emisfero meridionale e, nel 1978, tornava a vincere il TT. Per incoronare una carriera di successi, ha vinto il TT Senior l'anno successivo per poi dare veramente l'addio alle corse con l'arrivo dei 40 anni. Un ritiro tanto atteso e ben meritato.

Ma facciamo un salto indietro al decennio precedente. Nel 1967, Hailwood aveva conosciuto una giovane canadese, di professione ingegnere automobilistico; il suo nome era Elizabeth McCarthy e l'incontro era avvenuto in occasione del primo gran premio motociclistico in assoluto in Canada, tenutosi al Mosport Park in Ontario. La loro relazione era fiorita al punto tale che Hailwood le aveva perfino chiesto di sposarsi.

Segue adesso il racconto della stessa Elizabeth sulle loro conversazioni, pubblicato nel 2010:
“Una sera ha fatto di nuovo riferimento al matrimonio, pressandomi per ricevere una risposta. Gli ho risposto che non credevo di riuscire a sopportare di vederlo rischiare la vita ogni weekend solo per intrattenere una folla di persone, molte delle quali non volevano altro che assistere a un qualche scontro spettacolare.
Lui mi ha risposto: "Non verrò ucciso in pista durante una gara, quindi non ti devi preoccupare".
Mi aveva colto di sorpresa. "Come puoi esserne così sicuro?" Gli ho chiesto.
Ha proseguito raccontandomi una cosa che non aveva mai detto a nessuno. "Quando avevo 18 anni stavo iniziando a correre in Sudafrica. Un sabato sera, dopo una giornata di corse, alcuni di noi siamo andati in un nightclub di Durban. Eravamo in otto, tutti più o meno coetanei, seduti attorno a un tavolo. Un veggente indiano molto anziano è entrato nel club. Si è quindi avvicinato a noi per leggerci le mani. Ha quindi proseguito raccontandoci delle nostre fortune e di come ognuno di noi sarebbe morto. Ci ha detto che nessuno di noi avrebbe vissuto oltre i 40 anni. Io sarei stato l'ultimo a morire. Mi avrebbe ucciso qualcuno su uno di quei dannati camion; quindi puoi stare sicura che non succederà sul circuito". Mi lasciò senza parole".
Al momento della loro conversazione, Hailwood sembra aver detto a Elizabeth che tre di quegli otto non erano più vivi, pur non avendone mai rivelato tutte le identità.

Mike Hailwood è venuto a mancare il 23 marzo 1981, dopo che un camion fece una svolta a U illegale su una strada vicino a casa sua in Warwickshire, Inghilterra. A bordo di una Rover SD1, non ha potuto far nulla per evitare lo schianto.
Sua figlia di nove anni, Michelle, è morta sul colpo, mentre Hailwood è morto due giorni dopo a causa delle ferite riportate. Mancavano solo 10 giorni al suo 41° compleanno.