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Portman, sul palco

 

Portman, sul palco 01
Portman, sul palco 01

Il più grande talento attoriale di Natalie Portman è la capacità di rifugiarsi nel mondo di un personaggio, una storia, un genere. Un talento che l'ha resa una delle donne più riconoscibili del mondo.

Ma se il lockdown ci ha insegnato qualcosa, è forse proprio l'importanza di esplorare il nostro mondo anziché quello degli altri. Certo, raramente riusciamo a isolarci dalla realtà vorticosa della società moderna, stritolati e rinchiusi come siamo in un mondo che impone rigidi modelli di pensiero e azione senza indicare chiare vie di fuga. È servita una pandemia per capire come evadere.

E Portman ne è consapevole: "Abbiamo fatto nostri diversi livelli di progresso e resilienza, ma secondo me gli effetti su di noi e sulla società intera si vedranno per ancora molti anni", esordisce l'attrice. "Non riusciremo a lasciarci tutto questo completamente alle spalle, resterà sempre una parte di noi, anche di chi è stato così fortunato da non perdere amici o familiari a causa della pandemia.
Per il mondo del cinema quest'anno sarò ricordato come un momento di presa di coscienza, in cui la realtà si è trasformata in una specie di film con disastri."

Una prospettiva forse rara e anche onesta, per una persona immersa nel glamour californiano. Portman è legata all'ex direttore del balletto dell'Opéra di Parigi Benjamin Millepied, conosciuto sul set di Il cigno nero. La coppia ha un figlio di nove anni, Aleph, e una figlia di quattro, Amalia.

L'attrice ha raggiunto la fama ad appena 12 anni con un ruolo da protagonista nel film di Luc Besson Léon, un'interpretazione matura che l'ha catapultata nel firmamento di Hollywood e in lungometraggi di grande successo come Heat - La sfida, Mars Attacks!, Ritorno a Cold Mountain e Star Wars.

Ha saputo conciliare studio e lavoro ottenendo una laurea in Psicologia ad Harvard e recitando allo stesso tempo in pellicole come Closer, V per vendetta e L'altra donna del re, fino a conquistare  il primo Oscar con Il cigno nero, in cui veste i panni di una ballerina. Portman si è allenata otto ore al giorno, perdendo quasi dieci chili per questo ruolo.

Negli ultimi anni si è avvicinata al genere dei supereroi con il personaggio di Jane Foster, oltre a farsi notare con lungometraggi come Annientamento e Vox Lux.

Portman ha compiuto quarant'anni lo scorso giugno, ma ha lo smalto  e l'esperienza di una star di vent'anni più grande. Spesso descritta come una donna molto seria e intellettuale, l'attrice ama anche ridere e scherzare. È un piacere intervistare una persona che ha raggiunto questo piacevole equilibrio, ed è capace  di accettare tanto le critiche quanto i complimenti.

"Sono arrivata a quell'età in cui il tempo per me stessa ha sempre più precedenza sul lavoro, e questo aiuta." L'attrice israelo-americana sottolinea come i trasferimenti a Parigi e Sydney abbiano contribuito a convincerla che si lavora per vivere e non viceversa. Eppure, è sempre riuscita a mantenere un sano distacco dall'epicentro hollywoodiano.

Come tutti noi dopo una pandemia globale, nel 2021 si sente più consapevole dell'importanza del tempo.

"Una volta lontani dal caos, si è fuori dal caos", racconta. "Sono felice di essere in questa situazione: la mia famiglia e la mia vita privata sono la cosa più importante per me.

Amo viaggiare e vivere a Parigi è stata un'occasione speciale. È una città grande e caotica, ma non come Los Angeles. A Parigi si è tutto sommato liberi di muoversi e fare quello che si vuole. E questo mi ha fatto riflettere e ricordare la me stessa dodicenne [nello studio di Luc Besson] per le strade di Parigi insieme a mia madre, a visitare il Pompidou e il d'Orsay A volte quei ricordi sono utili per capire che è arrivato il momento di fare le stesse cose con i tuoi figli."

Da quando nel 2011 ha vinto l'Oscar come Miglior attrice protagonista per Il cigno nero, Portman ha scelto con estrema attenzione i ruoli da interpretare e gli impegni da portare avanti lontana dal grande schermo (è da oltre un decennio il volto della fragranza Miss Dior, simbolo del glamour sofisticato e sobrio della maison francese).

E poi non ha mai avuto il timore di mettere in pausa la carriera... per avere figli, sposarsi e cominciare nuovi capitoli della sua vita. 

"Aver cominciato a recitare da giovane mi ha portato ad avere una visione artificiosa del mondo, che ho dovuto correggere. È una sensazione che accomuna chiunque sia entrato in un sistema dalle regole rigide, che non permette troppe deviazioni. Succede a molti attori, musicisti, sportivi: il loro potenziale è così condizionato e incasellato, che in alcuni casi finisce per alterare lo sviluppo di un'identità, trasformando le persone in un prodotto."

Solo con il tempo Portman è riuscita a distinguere le linee parallele che dividono la realtà dalla fantasia.

"Ora riesco a riconoscere meglio un mondo dall'altro: non sono un personaggio di un film, sono me stessa. Però devo ammettere che ho impiegato del tempo per arrivare a questa conclusione. È sconcertante pensare come l'industria cinematografica sia in grado di farti sentire diversa da quella che sei. È molto importante fermarsi un attimo per ritrovare la propria identità."

Tutto questo non significa che Portman non voglia più stare al gioco. Dopo tutto ha dovuto lavorare sodo per arrivare al successo. Sempre pronta a imparare, l'attrice sa che le lezioni apprese dietro e davanti alla telecamera sono state determinanti per portare in scena Sognare è vivere, film da lei sceneggiato, diretto e interpretato. "Sapevo di volermi cimentare con la regia prima o poi, come sapevo di voler diventare madre. Con il tempo ho cercato di imparare tutto il possibile dai grandi registi e di assorbire l'influenza di chi era intorno a me. Così ho accumulato conoscenze, ma anche sicurezza in me stessa."

Un approccio necessario per un'attrice cresciuta in un ambiente perlopiù accademico. Nessuno in  famiglia aveva legami con il cinema e l'interesse di Portman era tollerato piuttosto che incoraggiato.

"I miei genitori si sono confrontati con me a lungo prima di permettermi di lavorare in questo settore. Conoscevano tante storie di attori giovani finiti nel giro della droga o adulti dalle vite spezzate. Avevano paura dell'impatto che il lavoro avrebbe avuto sulla mia vita."

Così la madre accompagnava la giovane Portman nei suoi impegni cinematografici, mentre il padre restava spesso a New York per lavoro. "Ho sempre saputo di essere fortunata ad avere genitori così: si sono fidati molto di me e allo stesso tempo mi hanno incoraggiata e protetta. Siamo sempre stati molto uniti e le loro azioni mi hanno dato la libertà di costruire la mia carriera."

Portman, che considera John Hurt l'attore più importante con cui abbia mai lavorato – "mi ha insegnato molto... ci siamo conosciuti sui set di V per Vendetta e Jackie, due esperienze indimenticabili" – , è impegnata attivamente per i diritti delle donne. "Credo che ogni passo verso una maggiore equità sia importante, non solo per le donne o per le minoranze. Tutti a volte possiamo essere sottorappresentati, il mondo funziona così, ma più le donne sono rappresentate, nel cinema come nella vita quotidiana, più riusciranno a ottenere maggiori opportunità in tutto il mondo.
Possiamo essere femministe e allo stesso tempo vulnerabili. Siamo esseri umani, ma siamo anche diverse dagli uomini."

Oltre che sui progetti filantropici e sociali, nell'ultimo periodo Portman si è concentrata su un atteso e grande ritorno, Thor: Love and Thunder. E nonostante la lunga pausa forzata, dal punto di vista fisico e mentale, l'attrice ammette di non aver bisogno di troppa preparazione per tornare a suo agio sul set.

"Non avrei mai pensato di arrivare a sentire la mancanza del set. È facile perdere l'allenamento, ma per fortuna nel genere con i supereroi si è subito circondati da un ingranaggio colossale: è impossibile non essere ispirati a dare il meglio di sé."

Portman sarà anche produttrice esecutiva dell'adattamento di prossima uscita del romanzo di Elena Ferrante I giorni dell'abbandono. "Il romanzo è fantastico e il progetto mi ha entusiasmato. In questo momento della mia carriera voglio farmi coinvolgere da ogni singola fase di un film e questa è stata una grande occasione. 
Penso sia un'evoluzione naturale per chi recita e vuole crescere come persona e artista. Ora mi sento abbastanza sicura per farlo."

Portman ha approfittato del lockdown anche per dare vita al Natalie's Book Club, la cui popolarità è esplosa su Instagram. "È stata un'iniziativa perfetta per il lockdown perché i libri sono un oggetto personale, intenso e privato che però vogliamo condividere non appena giriamo l'ultima pagina. È stato un grande privilegio entrare in contatto con persone dal background diverso e provenienti da ogni parte del mondo per viaggiare attraverso narrativa e fantasia."

L'impatto del lockdown sull'industria cinematografica, e su tutta la società civile, sarà forse più chiaro nei prossimi mesi e anni. Portman non è l'unica a riemergere dalla monotonia con un rinnovato senso di ottimismo e abbandono. Fa notare come altri settori abbiano dovuto superare sfide altrettanto significative. L'industria musicale, ad esempio, al volgere del millennio ha dovuto affrontare l'avvento del digitale, che ha modificato per sempre il nostro modo di intendere e fruire la musica. "La mia teoria è che l'industria cinematografica passerà attraverso un cambiamento simile. Quello che ci spaventa è anche fonte di opportunità, bisogna ricordarlo.

Ho imparato ad assumermi rischi e a non temere troppo il fallimento. Tutti abbiamo davanti a noi grandi opportunità creative: non è la fine del mondo se non riusciamo a raggiungere il traguardo come ci aspettavamo. Bisogna riconoscere le proprie vittorie nel modo e nel tempo giusto, ma poi proseguire con la sfida successiva. Quest'esperienza mi ha spinto a riappropriarmi della mia identità, a riprendere il controllo di me stessa... pur continuando a giocare con l'immagine di chi dovrei essere, per continuare a sorprendere gli altri. Questa capacità mi sembra importante ora più che mai."