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Le imprese per il cambiamento

Un crescente numero di imprenditori sociali sta acquisendo consapevolezza del fatto che le imprese hanno il potere di cambiare il mondo. Heather Bourbeau presenta tre figure imprenditoriali alla ricerca di nuove opportunità per il cambiamento, dalla gestione della plastica negli oceani all'utilizzo dell'ICT per i più bisognosi in tutto il mondo

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Risolvere il caos. Affrontare l'ineguaglianza. Trasformare i modi con cui ogni cosa è realizzata. 

Queste sono le sfide che hanno coinvolto le tre figure di seguito descritte quando hanno deciso di lasciare il loro lavoro e cambiare direzione, perseguendo obiettivi diversi e sfruttando la propria esperienza lavorativa per affrontare nuovi ruoli.

Allo stesso tempo la loro capacità di sviluppare nuovi modelli di imprenditoria sociale ha permesso di sperimentare soluzioni innovative, anche grazie a nuove fonti di finanziamento e alla stretta collaborazione con diversi partner.

Le imprese per il cambiamento 01
Le imprese per il cambiamento 01

Questo è un trend destinato presumibilmente a proseguire anche con le nuove generazioni. D'altronde i Millennial sono stati individuati come maggiori promotori e sostenitori di questo cambiamento, tant' è vero che il Millennial Impact Report 2014, a cura dell'azienda di ricerca e marketing Achieve Agency, ha scoperto che il 94% dei Millennial americani ama sfruttare le proprie abilità a favore delle cause.

“I giovani, la Next Generation, è di gran lunga più sensibile a questi temi” spiega Cyrill Gutsch, fondatore di Parley for the Oceans, presentato di seguito. “La sopravvivenza del pianeta è il supertrend del futuro, in grado di salvarci tutti.”

A seguito dell'incontro con l'attivista e ambientalista Paul Watson nel 2012, Cyrill Gutsch, pluripremiato designer e sviluppatore di brand e prodotti, ha velocemente invertito la rotta della sua agenzia, sfruttando la propria attività per la salvaguardia degli oceani.

Watson ha spiegato a Gutsch, 47 anni, la grave condizione in cui versano mari e oceani e il ruolo della plastica a tale proposito. Ogni anno otto milioni di tonnellate di plastica vanno a finire nel mare. Si valuta che già nel 2009 la plastica presente nel mare superasse di 36 volte il plancton. 

“Possiamo far sì che la gente capisca cosa sta accadendo e decida di contribuire alla ricerca di soluzioni", ci spiega Gutsch con un entusiasmo contagioso. “La plastica è la principale causa della situazione attuale”. La risposta di Gutsch a ciò che Watson ha illustrato è Parley for the Oceans, che opera principalmente come una rete, facilitando la collaborazione tra i diversi settori aziendali, governativi, attivisti, artistici e scientifici. 

Il primo grande partner di Parley è Adidas, con la quale ha prodotto la scarpa Adidas X Parley, creata da Alexander Taylor, consulente dell'innovazionedel noto brand sportivo, utilizzando la plastica riciclata dagli oceani. Dal 2015 sono state vendute milioni di queste scarpe. 

“Non possiamo risolvere questo caos con la sola beneficenza, ma possiamo farlo con un nuovo approccio di tipo aziendale”, spiega Gutsch. “Parley è riuscita a dimostrare che è possibile trasformare l'immondizia in oro. In qualità di creativi del mercato, diamo forza alle persone che possono generare il cambiamento, ossia i grandi marchi in grado essere un modello e di prendere posizione. I governi di norma arrivano tardi.”

Le imprese per il cambiamento 02
Le imprese per il cambiamento 02

Ad oggi Adidas ricicla e valorizza i rifiuti che si trovano in mare e crea numerosi e diversi prodotti, tra cui magliette da football, e l'azienda intende utilizzare esclusivamente plastica riciclata a partire dal 2024. Parley collabora ora con altre aziende, quali American Express, che intende sostituire le tradizionali tessere in plastica con materiali riciclati e valorizzati, e con il birrificio Anheuser-Busch, che sta portando avanti una campagna per la tutela delle spiagge. Al momento Parley ha ricevuto richieste di collaborazione da oltre 700 aziende. 

“Il desiderio di abbandonare la plastica vergine è enorme, e noi vogliamo realmente vedere nuovi materiali in grado di sostituire la plastica per sempre” spiega Gutsch. A questo scopo Parley ha creato partnership con laboratori di ricerca, con singoli scienziati e con sviluppatori di materiali. 

Parley sta inoltre lanciando un ramo non-profit (principalmente finanziato dal settore for-profit dell'azienda) che si concentrerà soprattutto sull'istruzione dei più giovani. “Il giovani sono il futuro. Abbiamo giovani ambasciatori di età compresa tra gli 8 e i 14 anni che si occupano di conferenze stampa e incontrano presidenti. È semplicemente disarmante trovarsi di fronte a bambini che ti chiedono di occuparti del loro futuro.”

Nel 2004 Kristin Peterson si dedicava alla propria carriera nella Silicon Valley, dove identificava e sviluppava nuovi mercati per aziende e prodotti. Osservando le rapide trasformazioni, naturali conseguenze della nuova realtà tecnologica, (connessione delle persone, creazione di un accesso migliore a servizi quali sanità, banche e istruzione), Peterson ha compreso che era importante non trascurare i mercati emergenti.

Peterson, 57 anni, si è così sentita "costretta" ad agire: dopo tutto, essendo in possesso delle abilità necessarie e dei contatti giusti nell'industria tecnologica, era assolutamente in grado di affrontare questa ineguaglianza. 

Insieme ad altri due veterani del settore tecnologico, Mark Summer e Bob Marsh, Peterson ha lanciato Inveneo, un'organizzazione non-profit che si occupa delle tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni per le comunità scarsamente servite nei paesi in via di sviluppo. 
 
“Abbiamo deciso di applicare i principi aziendali al nostro lavoro, agendo esattamente come agirebbe un'azienda e creando soluzioni che le aziende IT del posto possano implementare e supportare al fine di generare competenze ed entrate locali,” spiega Peterson. “Abbiamo iniziato lavorando nei luoghi più difficili da raggiungere, che non erano considerati luoghi con opportunità interessanti per l'utilizzo di tecnologie e di Internet.” 
 
Inveneo in origine ha creato soluzioni hardware e sistemi per lo sviluppo di informatica e connettività per istruzione, sanità e per lo sviluppo economico. L'organizzazione ha inoltre formato e supportato gli ingegneri del posto al fine di generare competenze locali e creare un ecosistema in grado di evolversi senza lo sviluppo di donatori. Attualmente si occupa anche di assistenza a seguito di disastri naturali e di programmi di connettività.
 
“Abbiamo avviato Inveneo con partnership con aziende del calibro di Intel e Cisco. Esse perseguivano obiettivi di responsabilità sociale aziendale in paesi in via di sviluppo che le sole aziende locali non erano in grado di realizzare,” spiega Peterson. “Come imprenditori sociali, ci occupiamo dapprima di ricerche di mercato e di collegamenti: disponiamo infatti dei contatti, delle abilità tecniche e della conoscenza di questi mercati. Cerchiamo poi nuove modalità per la soluzione dei problemi, dove ognuno è il vincitore e ognuno diventa un motore di sviluppo.”

Peterson e Summer hanno inoltre lanciato un'altra impresa sociale, EveryLayer, che offre una piattaforma software ed un nuovo approccio che permette ai fornitori di accesso a Internet (ISP) di offrire ai mercati emergenti di Africa e Asia una banda larga migliore, più veloce e più economica. “Stiamo lavorando su modelli in grado di ridurre il costo di Internet o addirittura di azzerarlo per i numerosissimi utenti delle fasce a reddito medio e basso,” spiega Peterson.
 
EveryLayer, con il marchio Surf, ha collaborato con imprenditori e università al fine di fornire opzioni Internet accessibili (a prezzi che sono la metà o un terzo rispetto a quelli dei dati mobili). Collaborando con Express Wi-Fi di Facebook, EveryLayer è attualmente il principale fornitore di hotspot Wi-Fi pubblici in Kenya.

Chid Liberty, 39 anni, lavorava come programmatore e analista finanziario per società tecnologiche della Bay Area in California. Nel tempo libero divorava libri sul finanziamento dello sviluppo come ad esempio La fine della povertà dell'economista e professore americano Jeffrey Sachs, pensando allo stesso tempo cosa avrebbe potuto fare per aiutare il suo paese di origine, la Liberia.

Child Liberty si è ispirato al movimento femminile Women of Liberia Mass Action for Peace, che nel 2003 ha contribuito a porre fine alla guerra civile, e dopo avere conosciuto alcuni leader di questo movimento, la sua visione è stata molto chiara. “Sapevo che le donne sono importanti per ciò che volevo fare e per la ripresa della Liberia,” spiega Liberty. 

Nel 2009 ha lasciato il lavoro ed è tornato in Liberia per fondare Liberty & Justice, un'impresa che produce abbigliamento con un modello aziendale ibrido e importanti obiettivi sociali. La missione è questa: “Trasformare la supply chain dell'abbigliamento dallo sfruttamento dei lavoratori e dal degrado ambientale a partnership e sostenibilità.”

Liberty & Justice vende prodotti del commercio equo, realizzati in Africa: si tratta di capi prodotti secondo principi etici, con cotone biologico africano e da personale composto per il 90% da donne. Il personale detiene il 49% delle azioni della società ed i profitti sono impegnati per la Liberty & Justice Foundation, che a sua volta reinveste nella comunità per mezzo di programmi di autonomia economica, istruzione e sanità.
 
“In Liberia le donne sono escluse dai settori dell'economia maggiormente produttivi, perciò sapevamo che investire su di esse ci avrebbe garantiro i risultati migliori in termini di impatto e investimento,” spiega Liberty.

A seguito anche della riduzione dei contratti di produzione dovuta alla crisi causata dall'epidemia di Ebola nel 2014-15, Liberty ha presentato l'etichetta UNIFORM di Liberty & Justice, basata sul modello one-for-one (in maniera del tutto simile alle scarpe TOMS). “Durante la crisi numerose macchine erano sottoutilizzate” spiega Liberty. “Pensando al modo migliore per risolvere la situazione, mi è venuta in mente l'idea di UNIFORM.”

Per ogni capo di abbigliamento venduto, distribuito in seguito da partner non-profit, UNIFORM dona un'uniforme scolastica ad un bambino liberiano. Secondo una ricerca svolta dall'Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab del MIT, le uniformi scolastiche gratuite sono in grado di migliorare i risultati dei test e di ridurre l'assenteismo scolastico. Inoltre, l'istruzione è molto importante anche per l'azienda stessa. Quasi tutti i figli delle madri che lavorano dell'azienda frequentano la scuola, contro una media nazionale del 44%. Ad oggi Liberty & Justice ha donato 20.000 uniformi. 

“Con Liberty & Justice abbiamo voluto dimostrare che i nostri lavoratori possono garantirsi un buon tenore di vita grazie ai propri guadagni nel settore privato e non necessariamente lavorando nei grandi concessionari,” spiega Liberty. “Puoi crearti una vita piacevole, puoi avere un lavoro, una famiglia e una certa tranquillità.”


“Imprenditoria sociale” è un'espressione polivalente che si applica ad un'ampia gamma di imprese che possono essere di tipo non-profit, for profit o ibride. Roger L Martin e Sally Osberg definiscono in maniera utile i tre componenti essenziali nella Stanford Social Innovation Review: identificare un problema privo del supporto sufficiente per raggiungere una soluzione; identificare una nuova soluzione o azione potenziale e creare un'organizzazione e/o un ecosistema a supporto dell'azione/soluzione. L'obiettivo globale condiviso da tutta l'imprenditoria sociale, spiegano, è un impatto su larga scala, trasformazionale e relativo alla mission, che affronta problemi quali istruzione, cambiamenti climatici e infrastruttura delle comunicazioni.