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I 60 anni degli anni '60

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Gli Anni '60 sono quelli del “miracolo economico”: l'Italia cresce sotto tutti gli aspetti, c'è ottimismo, entusiasmo, voglia di benessere. A testimoniarlo, proprio nel 1960 esce quello che è considerato un po' il manifesto del nuovo decennio, il film La dolce vita, di Federico Fellini, con Anita Ekberg e Marcello Mastroianni, che porta alla celebrità anche un altro simbolo della ripresa, a due ruote, come la Vespa. Sono anni straordinari per il design italiano, con auto iconiche e personaggi che hanno fatto la storia e in parte continuano a farla. Uomini come Giorgetto Giugiaro, ventenne rampante, che in quel decennio, al servizio di Bertone crea l'Alfa Romeo Giulia GT, poi passa alla Ghia dove fa nascere tre gioielli (Maserati Ghibli, De Tomaso Mangusta, Iso Rivolta Fidia) e nel '68 fonda la Italdesign con Aldo Mantovani, iniziando una nuova, grande avventura. 

250 GTO e Miura, la nascita delle supercar

L'Italia a quel tempo pullula di grandi e piccole Case, di ottimi atelier nello stile. Ferrari è già costruttore affermato, basti pensare che nel 1962 ‘sforna' la 250 GTO che non è solo l'auto del Cavallino più esclusiva di sempre ma anche una delle vetture più sexy della storia. Un mito su quattro ruote, una coupé creata per le corse (tre Mondiali Marche consecutivi) utilizzabile sulle strade normali. Motore 3.0 V12 da circa 300 Cv, forme di Sergio Scaglietti e progetto di Giotto Bizzarrini completato da un giovane modenese, Mauro Forghieri, che farà tanta strada.  Ma un'altra leggenda arriva, nel 1966, dai rivali diretti di Lamborghini: è la Miura, splendida berlinetta a due posti, con il V12 posteriore e trasversale, ‘vestita' dal talentuoso Marcello Gandini, in forza alla Bertone

Gandini e Scaglione

Gandini è un altro genio. Capace di ideare concept rivoluzionarie per il tempo (Lamborghini Marzal nel 1967 e Alfa Romeo Carabo l'anno dopo) ma pure un modello di serie per il grande pubblico quale l'Autobianchi A112 nel 1969. Altrettanto innovativo fu Franco Scaglione, specialista dell'aerodinamica e cresciuto alla Bertone. Messosi in proprio, negli Anni '60, disegnò la prima vettura Lamborghini in assoluto (il prototipo della 350 GTV) e nel 1967 l'Alfa Romeo 33 Stradale per la quale è ricordato. Un capolavoro di estetica e di praticità: ad esempio il cofano si apre completamente per facilitare l'accesso alle parti meccaniche, mentre le portiere -riprendendo le elitre dei coleotteri- agevolano l'ingresso in abitacolo, teoricamente molto complicato su una vettura alta meno di un metro.

Le grandi ‘scoperte'

Il 1966 vede la nascita di quella che per oltre 30 anni e quattro generazioni (sei se consideriamo le due successive a trazione anteriore) diventerà la spider italiana per eccellenza e l'icona del marchio Alfa Romeo. Un modello longevo che evolverà la linea, sempre opera di Pininfarina, e i motori conservando però invariata la base, derivata dall'altrettanto fortunata berlina Giulia del 1962, e l'impostazione tecnica fino al 1995. Che sia un fenomeno popolare lo testimonia il nome: la Casa del Biscione la battezza semplicemente Spider mentre il pubblico le assegna due soprannomi il primo dei quali – Duetto -  è il risultato di un concorso indetto dalla Casa stessa e sarà utilizzato per designare tutta la dinastia. Sotto il cofano, c'è il quattro cilindri 1600 dell'Alfa Romeo Giulia Sprint GT. Altra grande ‘scoperta' è la Flavia Convertibile Vignale, cabriolet a quattro posti, derivata direttamente dalla berlina Lancia e nata dalla mano di Giovanni Michelotti. In produzione dal 1963 al 1967, era spinta dal motore della variante Coupé, un quattro cilindri boxer da 1.8 litri di cilindrata da 92 Cv di potenza. L'abitacolo era realizzato con estrema cura e trasmetteva eleganza assoluta.

 

Lamborghini Miura
Presentazione della Lamborghini Miura gommata Pirelli al Salone dell'Automobile di Ginevra, 1966, courtesy Fondazione Pirelli

 

Sportive si nasce (e si diventa)

Furono anni dove la sportività nelle auto era in grado di coinvolgere un gran numero di appassionati. Basta pensare al successo delle versioni Abarth della Fiat 600: 850 TC e 1000 TC dove la sigla stava per “Turismo Competizione” e sottolineava come le modifiche erano state pensate per il mondo delle corse. Derivavano dalle 600 fornite da Fiat ad Abarth senza alcune parti meccaniche che venivano successivamente montate in officina: erogavano 55 e 85 Cv, che nell'ultimo caso con testata radiale TCR diventavano ben 115 Cv. Anche la Fiat 850, prodotta tra il 1964 ed il 1971 in oltre 2,2 milioni di esemplari, aveva una variante Coupé che faceva sognare. Sotto il cofano posteriore vi era il motore della 600D, aumentato di cilindrata, che erogava 47 Cv per uno spunto massimo di 145 km/h. Una delle prime sportive per la famiglia nella storia dell'auto: davvero formidabili gli Anni '60 per l'Italia a quattro ruote.