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Prenditi il tuo tempo

Prenditi il tuo tempo

Ora che le restrizioni si stanno allentando, non dobbiamo dimenticarci del passato, ma custodire quest'esperienza mentre “torniamo a vivere”

Prenditi il tuo tempo
Prenditi il tuo tempo

Molti immaginano l'inverno scandinavo come una stagione buia e intensa. E infatti da svedese quale sono ammetto che amo rannicchiarmi sotto una coperta di lana, con un libro in una mano e una tisana nell'altra, in una stanza illuminata quasi solo da candele. Come farebbe qualunque altra fan dell'hygge. Ma se devo pensare a un ricordo vivido di una stagione, mi viene in mente tutt'altra immagine. È quella dell'antigelo sabbioso sparso sulle strade per evitare alle auto di slittare e sbandare, che rimane sui marciapiedi asciutti in primavera, quando neve e ghiaccio si sono sciolti. Ricordo perfettamente il rumore che fa sotto le scarpe, così diverso da quello della neve invernale.

Ora che ci stiamo riaffacciando al mondo dopo le restrizioni del coronavirus,
quest'immagine mi sembra rilevante per due ragioni. Una è legata al desiderio umano di novità e nuove esperienze, soprattutto dopo un periodo di limitazioni. L'altra si ricollega a un sentimento di gratitudine. Nel caso della primavera svedese, siamo lieti a quella graniglia semplice di averci tenuti al sicuro dalle strade letali dell'inverno e lieti di non averne più bisogno, mentre il sole si alza nel cielo liberandoci da mesi di temperature rigide e buio fitto.
Riaffacciarsi al mondo ora che le restrizioni sono sempre meno, almeno qui a Dublino dove vivo, mi fa sentire così. Uscire di casa sapendo di non avere quasi nessun limite da rispettare è un'esperienza profonda. Un sollievo. Una liberazione. Ma mentre inseguiamo la tentazione di ributtarci a capofitto nel futuro e raccogliere a piene mani tutte le esperienze che abbiamo davanti, cerchiamo di non dimenticare quel senso di riconoscenza, rispetto e gratitudine per ciò che abbiamo e per le cose che ci hanno permesso di mantenerlo al sicuro.

Nel 2017 ho scritto un libro sul concetto svedese di lagom. La traduzione imperfetta di questo termine intraducibile (né troppo, né troppo poco, ma il giusto indispensabile) ha i suoi limiti e fa pensare soprattutto alla moderazione. Ma lagom è molto di più. Parla di consenso e buon vicinato, è quel patto secondo cui nessuna vittoria individuale vale davvero se non si entra in connessione con l'altro, perché insieme siamo più forti e nessuno deve restare indietro.

Si potrebbe dire che il mio secondo libro, che racconta i rituali del mattino, riprende questo sentimento, sebbene in modo meno esplicito. Parte dalla tradizione svedese del gökotta, alzarsi presto al mattino per ascoltare i primi canti degli uccelli. Sulla carta è un rituale meditativo fondato sull'importanza del presente e delle piccole cose, in pratica è un'abitudine delle comunità che si prendono cura l'una dell'altra. Delle persone che escono di casa con un thermos di caffè in mano e vanno in visita agli anziani che vivono nei boschi del vicinato e che così possono prendere una boccata d'aria in compagnia e vedere una faccia amica.

I rituali sono di grande aiuto, e durante il primo lockdown mi sono aggrappata al loro potere ancora più di prima: ogni sera, con il bello o il cattivo tempo, camminavo per una o due ore esplorando il raggio di 2 km che mi era concesso, per sgombrare la mente dai pensieri, fare il punto della situazione e capire come stavo, nonostante tutto quello che succedeva intorno a me. Poi il mondo ha cominciato ad aprirsi e mi sono aggrappata al mio rituale con ancora più forza. Non ascoltavo il canto dei primi uccelli, ma mettevo in pratica la mindfulness prendendomi un'ora di tempo per sfuggire allo stress psicologico delle scadenze di lavoro, delle faccende domestiche e della pressione social che mi voleva realizzata.

Ma l'altro elemento del rituale è la comunità. E ho cercato di mantenerlo vivo anche durante il lockdown. Giorno dopo giorno mi sono ritrovata a parlare con i vicini al parco di speranze e paure, programmi per la cena o problemi con i figli, sentendomi più presente di prima. Più consapevole della bellissima comunità di persone attente che mi circonda. E mi sono resa conto di averla sempre ignorata a causa degli impegni. Ma davvero, quali impegni?
Tutti proviamo un po' di ansia ora che il mondo torna piano piano a crescere, insicuri se salutarci con il gomito o azzardare un abbraccio. Ma secondo me ci vediamo anche con occhi diversi. Come la graniglia invernale che resta sulle strade asciutte in primavera, gli echi del lockdown dentro di noi ci ricordano quello che abbiamo e che possiamo perdere all'improvviso. Quando i miei figli corrono per i boschi con i loro amici dopo la scuola, emanano finalmente un'intensità che parla di vita vissuta in modo libero e autentico, come si dovrebbe fare alla loro età. E noi genitori, rimasti a guardare, non possiamo che essere riconoscenti. Della loro salute. Di avere un tetto sulla testa e una rete di aiuti che ci hanno permesso di andare avanti durante il lockdown. E delle comunità di persone che ci sono sempre state, ma che forse davamo per scontate.

Gli echi del lockdown dentro di noi ci ricordano quello che abbiamo e che possiamo perdere all'improvviso. Rivediamoci presto, continuavamo a ripetere, senza crederci troppo, prima della pandemia. Ho l'impressione che adesso ci crediamo davvero. Gli appuntamenti per un caffè mi sembrano più sinceri. E se è vero che le cose potrebbero tornare alla normalità, almeno in superficie, secondo me continueremo a riconoscere e apprezzare chi ci sta intorno. Nel nostro isolamento forzato abbiamo riscoperto la bellezza delle cose che davamo per scontate da troppo tempo. E ora riscopriamo la bellezza di condividere tra noi questi tesori: i sorrisi del buongiorno, le chiacchiere davanti a un caffè. Perché, come direbbe un'autentica idealista lagom, nessuna vittoria individuale vale davvero se non si entra in connessione con l'altro.

Linnea Dunne è un'editor e scrittrice svedese. Vive a Dublino con il marito e due figli. Scrive di cultura scandinava, innovazione e tendenze. I suoi contributi sono stati pubblicati da Irish Times, Irish Independent e The Guardian. Ha scritto due libri: Lagom: The Swedish Art of Balanced Living e Good Mornings: Rituals for Wellness, Peace and Purpose.