Milano sta tornando capitale del calcio. Anzi, è già tornata a esserlo con la vittoria dell'Inter durante il derby di semifinale di Champions League. Due reti nei primi 11 minuti nel match di andata e il gol di Lautaro Martínez all'incontro di ritorno, hanno portato i nerazzurri direttamente al prossimo obiettivo: la finale a Istanbul il 10 giugno contro il Manchester City.
Difficile non aderire a certi moti di pensiero, visto che in effetti la Serie A era oggettivamente la lega più ricca, più competitiva e più blasonata in assoluto, con i giocatori più forti e importanti del mondo che facevano di tutto per trasferirsi in Italia, e così ogni anno le nostre squadre facevano incetta di trofei internazionali, spesso sfidandosi anche tra loro. Come accadde esattamente vent'anni fa, nella primavera del 2003, quando il calcio italiano e anche la città di Milano raggiunsero il punto più alto: tre delle quattro squadre qualificate alle semifinali di Champions League erano italiane, e le due milanesi si affrontarono tra loro in un indimenticabile doppio derby che mise la città, una volta di più, al centro dell'Europa calcistica.
Per alcuni anni è stato complicato anche solo pensare che certi risultati e certe notti potessero ripetersi. Nel calcio però esiste una legge non scritta: ci sono delle squadre che, semplicemente, non possono smettere di essere grandi, di recitare un ruolo centrale nelle competizioni internazionali. L'Inter, tornata a qualificarsi per una semifinale di Champions League tredici anni dopo l'ultima volta, appartiene a questa élite ristrettissima, è una società che può attraversare – e ha attraversato – dei periodi di transizione, ma è come se fosse piacevolmente condannata a essere protagonista, e allora prima o poi tornerà a disputare certe partite. È una questione di blasone, di nobiltà, e certamente c'entrano la storia e i trionfi del passato. Nel caso specifico c'entra molto anche Milano, una delle città più importanti del Continente, un luogo che da sempre esprime il meglio dello sport, della creatività, dell'imprenditoria, dell'industria italiana. E che, proprio in virtù di questa sua natura di capitale europea, è sede di due delle istituzioni calcistiche più vincenti e più riconoscibili al mondo. Un dato su tutti: non esiste nessun'altra città europea che abbia portato due club diversi a vincere la Coppa dei Campioni. Non ci sono riuscite nemmeno Londra e Madrid, due megalopoli che hanno molte più squadre nelle prime divisioni nazionali e ne hanno portate tantissime nelle competizioni Uefa.
Anche per i milanesi, tifosi e non tifosi, si tratta di un ritorno dal significato enorme: l'Inter che torna a disputare un derby così importante rende lustro alla storia della città, e il calcio dopotutto è un mezzo di profonda identificazione socio-culturale, ma soprattutto sa creare e consolidare delle sinergie all'interno di una comunità. Come quella che da tantissimi anni lega il club con Pirelli: dal 1995 al 2021, il logo del brand milanese è stato al centro della maglia nerazzurra, in qualità di main sponsor; dal 2021, Pirelli è diventata Global Tyre Partner del club, e la nuova partnership prevede lo sviluppo di azioni congiunte di marketing e comunicazione, con l'obiettivo di promuovere e raccontare i prodotti e i servizi Pirelli per auto, moto e bici. Nessuna società italiana può vantare una collaborazione così lunga con una sola azienda, che tra l'altro vive e opera da sempre all'interno della stessa città. Ma anche nel caso di Pirelli-Inter c'è un discorso di blasone, di risultati: dal 1995 ad oggi il club nerazzurro ha vissuto uno dei cicli più esaltanti della sua storia, caratterizzato dalla vittoria di sei scudetti, cinque Coppe Italia, sei Supercoppe italiane, una Coppa Uefa, un Mondiale per club e una Champions League. Quella Champions League che oggi è tornata a essere un obiettivo concreto per l'Inter, per Milano, per il calcio italiano, dopo anni difficili. Anni che erano destinati a finire, perché l'Inter, Pirelli e la città di Milano sono parte di una storia di inevitabile grandezza, alimentano un fuoco che magari si può attenuare per qualche anno, ma che non si può spegnere, e alla fine tornerà di nuovo ad ardere forte. proprio come sta succedendo adesso.