"Je suis Clara et je suis a votre disposition si vous avez des questions". Clara è gentile, servizievole, parla in francese, perché si rivolge ai clienti di FNAC, i grandi magazzini parigini, dal loro sito web per le vendite online. Clara riuscirà a darvi consigli d'acquisto, a intrattenervi per un po', ma se provate ad approfondire la conoscenza, come talvolta capita con certi operatori di call center, scoprirete che qualcosa non funziona. Gli argomenti finiranno improvvisamente e l'assistenza passerà a un operatore umano. Perché Clara non lo è. È un chatterbot (talvolta abbreviato in: chatbot), un robot, un software in grado di sostenere semplici conversazioni, partendo da alcune parole chiave estrapolate dalle domande dell'utente, che gli servono per pescare dal proprio archivio di risposte. Sono prevalentemente di tipo testuale, ma ora si stanno diffondendo anche quelli che riconoscono il parlato e rispondono a tono con un linguaggio adeguato e voci suadenti, ben lontane dalle pronunce 'a scatti' dei primi esperimenti. I progressi sono in tutti i campi: riconoscimento vocale, text to speech, apprendimento semantico, pattern recognition.
Ma quanto siamo veramente in grado di distinguerli da un operatore umano? Passerebbero il famoso Test di Turing, lo standard più diffuso per stabilire se dietro una macchina si celi una persona o un semplice programma per computer? Il matematico inglese Alan Turing, reso celebre al grande pubblico dal recente film The Imitation Game, nel 1950 propose una semplice procedura per decretare se un software potesse essere definito intelligente. Il primo chatterbot nacque proprio per sfidare il Test di Turing e fu creato dall'informatico tedesco Joseph Weizenbaum quindici anni dopo la proposta di Turing. ELIZA fece scalpore, perché per la prima volta un software sembrava essere in grado di sostenere una normale conversazione umana.
Sembravano destinati a rimanere una curiosità informatica, ma nel tempo si sono evoluti. Hanno cominciato a invadere le piattaforme di Instant Messaging, i videogiochi. Con l'avvento di Internet le risposte – prima piuttosto scontate, in quanto estrapolate da un database locale – hanno potuto alimentarsi dalle informazioni disponibili su Web, dal meteo, agli orari degli spettacoli, per arrivare alle news e alle informazioni finanziarie. Dopo ELIZA, nei primi anni 2000, la società ActiveBuddy cominciò a farne un business e creò SmarterChild, un agente intelligente più evoluto, che era in grado di sostenere una conversazione avanzata in chat, di assistere l'utente nei videogiochi e di accompagnarlo nelle ricerche sul web.