Varata “Alla grande”, il Class40 con cui Ambrogio Beccaria attraverserà l'Atlantico | Pirelli

Varata “Alla grande”, il Class40 con cui Ambrogio Beccaria attraverserà l'Atlantico

Varata “Alla grande”, il Class40 con cui Ambrogio Beccaria attraverserà l'Atlantico

«Per la prima volta le tappe di avvicinamento al varo della barca sono andate avanti senza ritardi, o con ritardi insignificanti: arriviamo a questo momento davvero con un buon ritmo, e sembra una piccola, piacevole eccezione». Ambrogio Beccaria non vede l'ora di testare in mare la sua “Alla grande”, il Class40 che lo accompagnerà in momenti di difficoltà estrema, nelle traversate oceaniche, in mare aperto nell'Atlantico durante la Route du Rhum, in condizioni atmosferiche proibitive. È stata appena varata, ma la sente già sua, un pezzo unico che lui ha contribuito a creare fin dalle prime linee di progettazione.

«La fase finale della costruzione mi piace passarla in cantiere, è quel momento in cui si mette a punto una serie di piccoli dettagli che poi una volta in mare ti fa piacere ritrovare», dice, facendo l'esempio dei ballast, le casse di zavorra che si possono riempire d'acqua in funzione dell'andatura e del vento. Nel cantiere Sangiorgio Marine di Genova, del costruttore Edoardo Bianchi, l'idea estemporanea è stata quella di dividere in due una cassa da 250 litri, in modo da poterla gestire a piacimento, spostando il peso in base alle necessità del momento.

Ci sono tante piccole attenzioni che fanno di “Alla grande” una barca perfetta per Beccaria, personalizzata, che rispecchia al 100% il suo modo di navigare. Ma arrivare a questo risultato non è stato facile: il percorso che porta al varo di una barca – quando viene svelata in una versione definitiva, pronta per il mare – può essere pieno di ripensamenti. Nel caso di “Alla grande” è accaduto ad esempio con il roof che copre il pozzetto. «Abbiamo l'unica barca flotta che monta i winch sotto il roof, questo vuol dire che quando faccio le manovre sono piegato», spiega Ambrogio Beccaria, che come skipper concede qualcosa in altezza alla media dei suoi competitor, che si traduce nel vantaggio di poter avere un roof più basso. Per questo provava a chiedere di abbassarlo di molto. L'idea del designer, però, seguiva traiettorie e regole leggermente diverse, suggeriva che creare uno spazio “invivibile” per manovrare avrebbe complicato ogni cosa. Un tira e molla andato avanti a lungo: «Lui lo alzava e io lo abbassavo, continuamente», dice Beccaria, ridendo.

La soluzione finale si è trovata solo ricreando le condizioni di manovra all'interno del pozzetto: «Così abbiamo ricostruito l'ambiente in casa – racconta ancora il velista – avvitando le sedie ai muri per ricreare quelle proporzioni. E, alla fine, è venuto fuori che aveva ragione lui: l'abbiamo alzato di qualche centimetro rispetto alle mie proposte. Quando abbiamo incollato tutto era effettivamente perfetto».

Beccaria è consapevole delle sfide che lo attendono. Anche per questo al cantiere Sangiorgio Marine hanno insistito sulla sicurezza, un aspetto chiave in gare di endurance che si svolgono in mare aperto. Durante una regata, la sicurezza di una barca può essere inversamente proporzionale alla sua capacità di performare: si fa a gara per essere il più leggeri possibile, e una struttura troppo ingombrante può essere un peso. In certe traversate sicurezza vuol dire, ad esempio, protezione dello skipper, e “Alla grande” è la barca che ha il roof più grande di tutta la flotta che parteciperà alla traversata oceanica. «La nostra idea è che uno skipper asciutto sia uno skipper felice, quindi abbiamo insistito sulla protezione», dice il velista.

Sicurezza è anche controllo della barca e affidabilità della struttura. In questo caso la barca costruita in Sangiorgio Marine vuole essere una di quelle che dà il meglio di sé con vento forte, mantenendo costantemente la prua molto fuori dall'acqua. Ma non solo, anche i timoni incidono: più sono lunghi e più c'è controllo, e “Alla grande” anche in questo caso ha i timoni – con una linea ad ala di gabbiano – più lunghi della flotta, sempre per massimizzare il controllo, a costo di pagare qualcosa con la resistenza che faranno in gara. «Noi proviamo ad andare forte quando c'è la tempesta, ma sappiamo anche che avere un singolo problema in quel momento lì può voler dire perdere 24 ore a riparare, oppure rompere una vela: è molto importante non fare danni alla barca, per questo cerchiamo sempre il giusto bilanciamento tra potenza e controllo».

Quindi, insomma, va bene azzardare e andare forte, ma serve anche accettare tutti i compromessi necessari per garantire la sicurezza dello skipper. Anche perché magari si trovano altri punti su cui osare. Beccaria lo sa e ha insistito sul bompresso, che ha voluto mobile, orientabile, come le barche d'una volta: «Anche questa è stata una bella guerra con il designer: lui voleva farlo fisso, come tutte le barche nuove, perché è più affidabile, più leggero. Ora fanno tutti così, non voleva prendersi il rischio. Ma io sono convinto che per il mio modo di navigare posso guadagnare molto con un bompresso orientabile. Così, spinto anche dal mio allenatore, abbiamo pensato di fare questo upgrade». Decisioni come questa non si fanno tanto a cuor leggero. Per avere un'idea: in questo modo la barca prende una decina di chili, ma l'idea è che il gioco valga la candela, come si dice, e alla fine la scelta pagherà.