Rookie in altalena | Pirelli

Rookie in altalena

 

Uno dei temi più interessanti della stagione 2025 è l'avvento di una nuova generazione di piloti giovani che si sono conquistati, in pianta più o meno stabile, un ruolo da titolari. I vari Antonelli, Bearman, Bortoleto, Doohan, Hadjar e Lawson hanno avuto quest'anno la possibilità di mettere in mostra il loro talento una volta arrivati nella massima categoria, chi attraverso un percorso molto lineare chi magari bruciando qualche tappa, chi già scottandosi con una realtà che non lascia molto margine d'errore. Se quattro gare sono certamente poche per giudicare piloti che sono in Formula 1 da anni, lo dovrebbero essere a maggior ragione per un rookie ma è comunque possibile fare un primo bilancio. 

 

Agli antipodi di un'immaginaria classifica di rendimento ci sono certamente i due giovani su cui erano più forti i riflettori alla vigilia del campionato, vale a dire Antonelli e Lawson: sia per le squadre in cui militavano – la Mercedes per l'italiano, la Red Bull per il neozelandese, sia per il ruolo che si apprestavano ad assumere, rispettivamente quello di successore nel box della Stella di un sette volte campione del mondo come Lewis Hamilton e di compagno di squadra di un cannibale come Max Verstappen. Antonelli ha iniziato la stagione nella maniera migliore, con 30 punti all'attivo e un paio di record di giovinezza stabiliti che danno lustro ai suoi primi passi: l'italiano, aiutato da una Mercedes in crescita e da un ambiente che sembra essersi un po' scrollato di dosso il peso di un passato recente ricco di successi ma ingombrante, può davvero aspirare ad un'annata piena di soddisfazioni e, soprattutto, a poter crescere in fretta e prepararsi per un futuro in cui non basterà più far bella figura. Per contro, Lawson, nonostante fra i rookie fosse quello con più esperienza (fra 2023 e 2024 aveva già corso in undici Gran Premi)  ha sofferto in maniera inimmaginabile la promozione dalla Racing Bulls alla Red Bull, venendo retrocesso dopo appena due gare: ora davanti a lui c'è una montagna da scalare, quella di ritrovare innanzitutto la fiducia in se stesso e poi quella di un sistema che sa esaltare in maniera straordinaria i talenti più fulgidi – le carriere di Vettel e Verstappen parlano da sole – ma respinge senza pietà chi non riesce in fretta ad affermarsi.

 

Degli altri quattro, il più brillante finora è stato Oliver Bearman, che proprio qui a Gedda aveva debuttato lo scorso anno, sostituendo all'ultimo minuto Carlos Sainz nell'abitacolo della Ferrari e cogliendo un ottimo settimo posto. Il giovane inglese della Ferrari Driver Academy è andato a punti tre volte su quattro e, soprattutto, ha dimostrato di essere molto redditizio in gara: su quattro partenze non ha mai perso posizioni all'arrivo e, in totale, ne ha guadagnate 25 (sei in Australia, nove in Cina, nessuna in Giappone e dieci in Bahrain). La Haas si sta affermando come la prima squadra dietro le magnifiche quattro (McLaren, Mercedes, Red Bull e Ferrari, in rigoroso ordine di classifica), tanto è vero che era dalla stagione del suo debutto in Formula 1 (2016) che non cominciava il campionato così bene.
Dopo lo shock di Melbourne, dove era finito contro le barriere nel giro di formazione su una pista bagnata, Isack Hadjar (Racing Bulls) si è ripreso, dimostrando di non essere arrivato qui per grazia ricevuta: veloce in qualifica (mai più indietro della sesta fila) e a punti a Suzuka sono un bilancio più che dignitoso. Meno appariscente l'inizio di Gabriel Bortoleto, che sconta più di tutti il fatto di avere una vettura poco competitiva, visto che la Sauber vive ancora in una terra di mezzo – il bruco non si è ancora trasformato nella farfalla Audi – ma per lui valgono le parole di Beat Zehnder, un veterano della squadra svizzera e ottimamente qualificato a giudicare giovani talenti ne ha visti passare a bizzeffe, che ha affermato nei giorni scorsi quanto l'approccio del brasiliano gli ricordi quello di un altro giovane passato da Hinwil qualche anno fa, vale a dire Charles Leclerc: un complimento non da poco.

 

Ultimo della lista – ma non della classifica Piloti, visto che si trova di una posizione davanti a Bortoleto – è Jack Doohan. Difficile giudicare con obiettività il rendimento del giovane australiano, cresciuto in un ambiente familiare dove di titoli mondiali se ne sono visti a bizzeffe, visto che il padre Mick è un cinque volte campione del mondo di motociclismo e il primo kart su cui mise le mani Jack a tre anni gli fu regalato da un amico di papà che rispondeva al nome di Michael Schumacher. Doohan ha iniziato la stagione con una spada di Damocle sulla testa, rappresentata da un altro rookie che nel 2024 aveva impressionato – Franco Colapinto – e che sta lì nell'ombra, parcheggiato per ora nel ruolo di riserva dell'Alpine ma che è pronto a subentrare non appena Flavio Briatore deciderà che il caso di sfruttare il più possibile le opportunità che presenta per l'Alpine una stagione di transizione come questa. Il manager italiano, cui i vertici della Renault hanno affidato la gestione strategica della squadra, non è mai stato uno molto paziente con i giovani ma gli va riconosciuto un fiuto non comune. Fu nella Benetton di cui era a capo che nel settembre 1991, su caldo suggerimento di due vecchie volpi – all'epoca non tanto per l'età quanto per l'acume – come Tom Walkinshaw e Ross Brawn, fece spazio ad un giovane tedesco che aveva appena esordito a Spa con la Jordan: si chiamava Michael Schumacher