Dal biennio Senna-Prost all'era Norris-Piastri: McLaren riscrive la sua storia

Undici vittorie su 14 gare (78,57%), otto doppiette e altrettante pole position, 24 piazzamenti sul podio su 28 possibili, 559 punti nel campionato Costruttori (63 in più di tutti quelli raccolti da Ferrari e Mercedes, seconda e terza in classifica), con un titolo Piloti che non potrà sfuggire a uno fra Oscar Piastri e Lando Norris. Un bilancio del genere alla pausa estiva nessuno in McLaren se lo sarebbe mai immaginato alla vigilia di questa stagione.

Sono numeri impressionanti che raccontano di un dominio che in Formula 1 non si è visto tante volte: nell'era moderna soltanto la Red Bull 2023, la Mercedes dei primi anni dell'ibrido e la Ferrari di Schumacher avevano raggiunto un livello di supremazia così schiacciante. E la McLaren del 1988, quella della prima stagione della coppia forse più forte nella storia di questo sport: Alain Prost e Ayrton Senna.

Quell'anno, la McLaren vinse 15 gare su 16: le sfuggì solamente un'incredibile edizione del Gran Premio d'Italia, vinta dalla Ferrari di Gerhard Berger davanti a quella di Michele Alboreto, a poche settimane di distanza dalla scomparsa di Enzo Ferrari. Senna e Prost, Prost e Senna: il biennio 1988-1989 (l'anno successivo la coppia si aggiudicò 10 gare su 16) fu un periodo magico per le monoposto di Woking, all'epoca contraddistinte da una livrea ispirata dallo sponsor tabaccaio che lasciava poco spazio all'immaginazione. Non si arrivò a quelle vette nemmeno un decennio più tardi quando, cambiato lo sponsor ma sempre dello stesso settore merceologico, i colori dominanti delle macchine erano nero e argento e i piloti erano Mika Hakkinen e David Coulthard. In quel biennio 1998-1999, Hakkinen si laureò due volte campione del mondo ma la squadra conquistò il titolo Costruttori soltanto nel primo anno, battuta dalla Ferrari nel secondo. In due stagioni il finlandese e lo scozzese vinsero il 50% delle gare (16 su 32), visto che avevano di fronte un avversario eccezionale come Michael Schumacher con una Ferrari che stava crescendo per poi diventare padrona dei primi anni del secolo successivo.

Ecco, Piastri e Norris sembrano decisamente avviati a superare proprio il biennio firmato Hakkinen e Coulthard. Dall'anno scorso ad oggi, l'australiano e l'inglese hanno vinto 17 gare su 38, trovandosi ad affrontare una concorrenza senza dubbio più numerosa e comunque altrettanto agguerrita rispetto ai loro predecessori. Se infatti Hakkinen aveva avuto Schumacher come primo avversario, oggi il ruolo del tedesco lo ha senza dubbio Max Verstappen, che sconta però il progressivo declino della Red Bull, perlomeno nell'ultimo scorcio di campionato. In più, se quasi vent'anni fa McLaren e Ferrari avevano lasciato le briciole agli avversari (su 32 gare soltanto quattro – tre vinte dalla Jordan, una dalla Stewart – non finirono nel loro carniere) oggi la squadra diretta da Zak Brown e Andrea Stella ha più avversari: la Red Bull negli ultimi due anni ha vinto 11 gare, Ferrari e Mercedes cinque a testa.

Alla ripresa dopo la pausa estiva sarà molto interessante capire se qualcosa potrà cambiare e se qualcuno avrà la chance di interrompere il dominio papaya che dall'estate in avanti è stato schiacciante con quattro doppiette consecutive dall'Austria all'Ungheria passando per Silverstone e Spa. Sulla carta appare molto difficile, anche perché ormai il potenziale delle monoposto è questo: con una rivoluzione tecnica alle porte e un budget cap da tener da conto, sarà improbabile vedere tanti aggiornamenti da Zandvoort in avanti. E a sentire le dichiarazioni degli altri piloti in Ungheria, non è che traspaia un grande ottimismo. Dobbiamo dunque attenderci un monocolore papaya fino ad Abu Dhabi. Possibile, inutile nasconderselo. Allo stesso tempo, potremo attenderci una lotta aperta ma leale fra i due contendenti per il titolo, in un clima certamente diverso da quello che si era creato proprio in casa McLaren all'epoca di Senna e Prost. Su questo ci si può scommettere, perché il lavoro fatto da Brown e Stella su questo fronte è stato molto approfondito e con un approccio forse inedito nella storia di uno sport come la Formula 1, l'unico ad essere contemporaneamente di squadra e individuale.

Proprio il Team Principal italiano era stato molto analitico nella conferenza stampa del venerdì all'Hungaroring sulla relazione fra i due piloti e su quanto ci avevano lavorato tutti insieme: “Il rapporto tra Oscar e Lando continua a migliorare. Non è il risultato di un'evoluzione casuale. È perché investiamo nelle relazioni. Quando parlo dei fondamenti della Formula 1, le relazioni sono forse un po' meno tangibili, ma penso che siano fondamentali quanto l'aerodinamica. Si tratta del rapporto tra i piloti e la squadra e tra i piloti stessi. Se prendo ad esempio la gara dell'anno scorso in Ungheria, abbiamo dedicato molto tempo ad analizzarla individualmente con i piloti e tutti insieme. Abbiamo cercato di imparare il più possibile gli uni dagli altri. Ci siamo ricordati che la Formula 1 è difficile e che dovremo sempre affrontare delle difficoltà. È una consapevolezza che dobbiamo avere. Da lì, cosa possiamo fare per migliorare? Cosa possiamo fare come squadra per assicurarci di avere una struttura che permetta a Lando e Oscar di perseguire le loro aspirazioni, proteggendo sempre gli interessi della squadra? Ancora una volta, sono un team principal fortunato perché i due piloti sono molto ragionevoli, molto corretti, molto umili e, soprattutto, capiscono che non siamo qui solo per perseguire i nostri interessi nel presente, ma anche per proteggere il futuro delle loro carriere e della McLaren Racing”.
E, perlomeno finora, alle parole in casa McLaren sono sempre seguiti i fatti.