Da Hamilton a Norris: quando un ritiro può cambiare un mondiale | Pirelli

Da Hamilton a Norris: quando un ritiro può cambiare un mondiale

 

Quando, a sette giri dalla fine del Gran Premio d'Olanda, la McLaren di Lando Norris è stata costretta a fermarsi a bordo pista per un problema alla power unit in tanti sono sicuramente andati indietro con la memoria di quasi nove anni, al 2 ottobre 2016. Quel giorno a Sepang si disputò il Gran Premio della Malesia, passato alla storia per il grido di dolore di Lewis Hamilton nel momento in cui il suo propulsore si ruppe al giro 41 di una gara fin lì dominata. Invece di prendersi la testa del mondiale sorpassando il compagno di squadra Nico Rosberg, l'inglese piombò a -23 dal tedesco, che finì la gara al terzo posto dopo le Red Bull di Daniel Ricciardo e Max Verstappen. Rosberg allungò ancora otto giorni dopo vincendo a Suzuka mentre Hamilton finì terzo dietro l'olandese ma quella fu la sua ultima vittoria in Formula 1. Nelle ultime quattro gare Rosberg fece semplicemente l'ombra di Hamilton, classificandosi sempre alle sue spalle per quattro doppiette consecutive targate Mercedes. Alla fine, soltanto cinque punti separarono i due contendenti: il peso di quello zero di Sepang fu determinante, visto che – ad eccezione del disastro di Barcellona – entrambi erano sempre andati a punti nelle altre diciannove gare.


È vero che per Norris la gara di Zandvoort sembrava avviarsi verso una limitazione dei danni, visto che Piastri era, comunque, davanti a lui al momento del ritiro, ma un conto è presentarsi a Monza con un ritardo di 19 lunghezze, un altro è questo pesante deficit di 34 punti. Recuperarli ad un pilota che dispone esattamente delle tue stesse possibilità tecniche in un campionato che vede diventare sempre più rari gli inserimenti di eventuali intrusi, visto che ormai i rapporti di forza sono praticamente congelati (il 2026 incombe…). Con nove weekend ancora da disputare – di cui tre col formato Sprint, quindi con un massimo di 33 punti in palio – Oscar può permettersi uno zero senza perdere la testa della classifica. Possibile ma non certo probabile, anche se in Formula 1 si sono viste concludersi positivamente rimonte anche più difficili, come ad esempio sa bene Fernando Alonso che, nel 2012, aveva 42 lunghezze di vantaggio su Sebastian Vettel dopo il Gran Premio d'Ungheria e, dopo le successive nove gare, perse il campionato per soli tre punti.


Altri numeri danno il senso della straordinaria solidità di Piastri in questa stagione. L'australiano è l'unico pilota ad aver percorso tutti i giri di tutti i Gran Premi (915) ed è sempre riuscito a portare a casa dei punti. Sono 33 weekend di seguito che Oscar ci riesce, una serie iniziata a Imola lo scorso anno: solamente due piloti nella storia della Formula 1 hanno fatto meglio di lui (Hamilton con 48 gare, Verstappen con 43). 
L'unico, teorico, vantaggio di Norris è che ora non ha più molto da perdere. Aritmeticamente, Lando deve recuperare in media quattro punti a fine settimana: di nuovo, possibile ma non probabile.

 

In teoria potrebbe andare all'arrembaggio in tutti quei prevedibili duelli che si riproporranno – vuoi in pista, vuoi sul piano strategico – da Monza in avanti. In molti fra gli osservatori e, magari, gli avversari vorrebbero che accadesse questo, i primi per dare un po' di incertezza ad un campionato che rischia di essere segnato con molto anticipo rispetto alla sua scadenza naturale, i secondi per cercare di approfittare di eventuali episodi stile Barcellona 2016. Onestamente, è difficile che ciò accada: il modo in cui la McLaren ha fin qui gestito la genuina rivalità fra Norris e Piastri ha dimostrato di essere efficace e il pragmatismo che contraddistingue la guida del team papaya non lascia tanto margine all'immaginazione. Com'è giusto che sia.