America's Cup, la competizione più antica del mondo | Pirelli

America's Cup, la competizione più antica del mondo

America's Cup,
la competizione più antica del mondo

I velisti (e gli storici dello sport) sono tra i pochi a sapere che l'America's Cup è la competizione più antica in assoluto: le origini risalgono al 1851, anticipando di quasi mezzo secolo le Olimpiadi moderne che nacquero ad Atene nel 1896. A pensarci, è incredibile che la più grande sfida umana e tecnologica – un tempo a carattere unicamente nazionale, oggi senza confini – sia nata da un tipico ‘contest' anglosassone, senza pretesa alcuna. Merito di un gruppo di uomini di affari newyorkesi che decise di sfidare gli inglesi, in casa loro. Erano ricchi yachtsmen della Grande Mela, capeggiati da John C. Stevens, commodoro e fondatore del New York Yacht Club. Avevano un obiettivo: partecipare a una grande regata per dimostrare che le barche e i velisti d'oltreoceano non avevano nulla da invidiare agli ex-colonizzatori. E che l'antico adagio “Rule Britannia, rule the waves” – domina Britannia, domina le onde - così caro ai sudditi di Sua Maestà, aveva fatto il suo tempo.

La Coppa delle Cento Ghinee

Il trofeo in palio era la Coppa delle Cento Ghinee (poi diventata America's Cup, in onore della barca vincitrice), era stata disegnata dall'orafo londinese Robert Garrand nel 1848. Fu acquistata dalla prima Marchesa di Anglesey e offerta al Royal Yacht Squadron di Cowes come trofeo per la regata organizzata nel 1851, in occasione dell'Esposizione Mondiale di Londra. Il percorso di era rappresentato dal periplo dell'Isola di Wight in senso antiorario, che la flotta del RYS conosceva in modo perfetto. Per questo, gli yachtsmen statunitensi giocarono le loro carte sulla velocità del mezzo. L'incarico di costruire la goletta America venne dato a George Steers, uno degli architetti navali più in voga dell'epoca: furono chiarissimi, doveva essere «lo yacht più veloce mai visto sull'acqua». La barca fu costruita presso il cantiere di William Brown, sull'East River che accettò di riprendersi la barca indietro se non si fosse dimostrata all'altezza delle aspettative. Avendo saputo dell'iniziativa, il Conte di Wilton, commodoro del Royal Yacht Squadron, invitò formalmente John C. Stevens a Cowes per capire cosa stavano combinando oltreoceano.

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Gli inglesi cadono in trappola

Nella lettera di risposta, oltre ad accettare l'invito, il commodoro del NYYC si disse «onorato di poter avventurarsi con il proprio yacht nelle pericolose acque inglesi ed essere certamente battuto da una così gloriosa flotta». Si trattava di un trucchetto psicologico: Stevens era un giocatore d'azzardo e in realtà, quello che voleva era battere clamorosamente gli inglesi. Per riuscirci, oltre a preparare una barca velocissima, doveva lasciare che gli avversari pensassero il contrario e non lo temessero più di tanto, abbassando la guardia…Fu la prima dimostrazione di come la psicologia e le furbizia siano fondamentali nell'America's Cup quanto la reale forza di chi vi partecipa e difatti la segretezza resta uno dei punti chiave della competizione 170 anni dopo. America attraversò senza problemi l'Atlantico e mentre si avvicinava alle coste inglesi, fu avvicinata dal cutter Leverock, considerato uno degli yacht più veloci della flotta britannica. Lo superò con tale facilità che gli yachtsmen di casa cominciarono a mostrarsi riluttanti all'idea di correre contro lo scafo americano. Soltanto una severa “strigliata” del Times, li convinse a partecipare alla regata.

«Non v'è secondo, Maestà»

Gli yacht partecipanti erano quattordici e nonostante variassero molto per forma e dimensione (da 47 a 392 tonnellate), non veniva applicato un sistema a handicap. All'epoca, la partenza veniva data con le barche all'ancora e le vele abbassate. Gli inglesi ripresero un minimo di coraggio quando videro America stentare alla partenza, ma durò poco: la goletta si riprese immediatamente e tagliò per prima la linea di arrivo. Un aneddoto che fa ormai parte della leggenda, riporta che la mitica regina Vittoria, che osservava la competizione dallo yacht reale, chiese al suo attendente chi fosse il primo. «America, Maestà», fu la sconsaolata risposta. «E il secondo?» «Non v'è secondo, Maestà», balbettò l'ufficiale, tanto grande era la distanza tra il vincitore e il resto della flotta.

Il trofeo arriva a Manhattan

Nonostante il risultato che, al di là dell'aspetto puramente sportivo, rimarcava la superiorità della marineria americana su quella britannica, gli armatori newyorkesi non mostrarono grande interesse né per la goletta, che venne venduta a lord John de Blaquiere, né per la coppa stessa, che rischiò di essere fusa per ricavarne delle medaglie. Per fortuna questo non avvenne e il trofeo si trasferì al New York Yacht Club. Lì venne ribattezzato con il nome della goletta vincitrice e ricevette il giusto posto d'onore, appositamente disegnato, nel salone principale della sede di Manhattan. Il trofeo venne donato al New York Yacht Club con un Atto di Donazione (Deed of Gift) il quale stabiliva che sarebbe stato un «challenge perpetuo per competizioni amichevoli tra nazioni». Iniziò così per gli Stati Uniti quella che sarebbe diventata la più lunga sequenza di vittorie nella storia dello sport: Nei 132 anni che seguirono le imbarcazioni a stelle e strisce difesero il trofeo 24 volte, dal 1870 al 1983, quando Australia II divenne il primo sfidante a vincere e sottrargli il trofeo. Ma soprattutto, tra la nebbia intorno all'isola di Wight, era nata l'America's Cup.