Alla scoperta delle regate in solitario | Pirelli

Alla scoperta delle regate in solitario

Alla scoperta delle regate in solitario

Alla prima regata intorno al mondo parteciparono nove uomini. Cinque si ritirarono, due si suicidarono durante la corsa, uno abbandonò all'improvviso, solo uno arrivò al traguardo. Era il 1968, e la Golden Globe Race era solo un prototipo, una gara di vela in solitaria non-stop intorno al mondo: nulla di simile si era mai visto prima. In seguito, molti altri uomini ci avrebbero riprovato. «Gli uomini in mezzo al mare contano più o meno come del banale plancton, è su una barca che tornano a essere umani». Lo ha scritto Mariette Navarro nel suo libro “Ultramarins”, in cui racconta storie di mare attraverso l'Atlantico.

La regata oceanica è una competizione sportiva di grande fascino, uno sport estremo pieno di pericoli e tensioni. Come quasi tutti gli sport molto praticati in occidente, questo tipo di competizione è stato canonizzato dagli inglesi. Tutto è iniziato nel 1960, l'idea era venuta al colonnello Blondie Hasler: aveva immaginato una Single-handed Trans-Atlantic Race, una transatlantica in solitario, dedicata a imbarcazioni a vela con un equipaggio formato da un'unica persona. Trovò una sponsorizzazione nel quotidiano The Observer, così nacque la Observer Single-handed Trans-Atlantic Race, in sigla Ostar. Nel 1960 parteciparono 4 britannici e un francese, partiti dalla città britannica di Plymouth e arrivati a Newport, negli Stati Uniti: un percorso che non è mai più cambiato.

Stava nascendo qualcosa di nuovo, ma non bastava. L'adrenalina e la passione dei velisti in solitaria in mare aperto non poteva essere soddisfatta. Serviva qualcosa di più, qualcosa di diverso, ambizioso, estremo. All'età di 65 anni, Francis Chichester portò a termine la seconda circumnavigazione del mondo a vela in 274 giorni, facendo uno scalo di 48 giorni a Sydney. Un'impresa che emozionò una generazione: era stato il primo a doppiare i tre grandi capi, Capo di Buona Speranza, Capo Leeuwin e Capo Horn. La sua impresa, datata 1967, divenne l'humus in cui far germogliare una regata per tentare la circumnavigazione senza scalo.

La Sunday Times Golden Globe Race è diventata in breve tempo una leggenda: lo spirito agonistico, le tragedie e l'epica dello sforzo umano contro l'ignoto l'hanno presto trasformata nell'Everest della vela. La filosofia della navigazione oceanica in solitaria ha stravolto il concetto sportivo della competizione: la gara diventa uno strumento, non è mai fine a sé stessa. La competizione crea per sua natura un rapporto privilegiato con il mare, il cielo, le condizioni atmosferiche; obbliga ad allentare le tensioni e dà impulso alla ricerca di un benessere fisico e mentale in condizioni proibitive: tra tutti gli sport le regate oceaniche si distinguono anche e soprattutto per le capacità mitopoietiche al limite dell'incredibile.

Lo si può intuire riprendendo la storia della Route du Rhum – la regata transatlantica in solitario senza scali e senza assistenza, che si svolge ogni quattro anni tra la Francia metropolitana e la Guadalupa – che è stravagante fin dalle sue origini. Una competizione che nasce per dispetto: gli inglesi avevano inventato le regate oceaniche, allora i francesi ne volevano disegnare una tutta loro. Subito dopo l'Ostar del 1976, il Royal Western Yacht Club – la società organizzatrice – decise di limitare le dimensioni delle imbarcazioni, rendendo la regata inaccessibile a molti grandi velisti dell'epoca. Così Michel Etevenon decise di lanciare un evento tutto francese: il 25 maggio 1977 fu presentata la Route du Rhum, che aveva addirittura l'ambizione di sostituire l'Ostar nell'Olimpo delle regate oceaniche.

In quello stesso anno, però, Bob Solomon, altra mente britannica, decise di far attraversare l'Oceano a barche molto piccole. Voleva arrivare dall'Europa all'America su un massimo di 6 metri e 50, un po' per ridurre i costi e un po' per rendere le imbarcazioni più maneggevoli, quindi accessibili a diverse categorie di velisti. In pratica dei gusci da corsa sull'acqua: nacque così la Mini Transat, o Transat 6.50. È la quintessenza della navigazione in solitaria: si va per mare senza vedere o sentire nessuno per giorni interi, a bordo di una barca che ha uno spazio vivibile ridotto ai minimi termini, si dorme e si mangia poco. È per questo che nasce subito quello che viene ribattezzato “Esprit Mini”, un senso di appartenenza, uno sentimento identitario e solidale tra tutti i partecipanti. Nel 2019 Ambrogio Beccaria è diventato il primo italiano ad averla vinta, il quarto non francese di sempre.

Se gli anni ‘60 e gli anni ‘70 sono la culla delle grandi, storiche regate oceaniche, il decennio successivo è quello che ha dato al mondo la regata oceanica in solitaria più nota al pubblico di massa. Nel 1989 Philippe Jeantot ideò un percorso con arrivo e partenza dal porto francese Les Sables-d'Olonne, nel dipartimento della Vandea, in Francia. La Vendée Globe è soprattutto una durissima prova di resistenza, proibitiva anche per molti sportivi di altissimo livello, e oggi è forse la più importante competizione in ambito velico. Con la Golden Globe Race, è l'unica regata al mondo in solitario, senza scali e senza assistenza, che prevede la circumnavigazione completa dell'Antartide.