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Ridefinire lo sport

Una nuova generazione di sportivi che affrontano la competizione in maniera inedita: gestendo la pressione in un modo tutto nuovo e incarnando i valori delle discipline che pratica, percorrendo e ampliando la strada tracciata da chi è venuto prima di loro

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Quando Leo Hayter ha deciso di prendersi una pausa dal ciclismo, l'estate scorsa, ha sorpreso tutti. Un ragazzo di 23 anni, con una carriera giovanile eccellente e buoni risultati anche tra i grandi, ha deciso di fermarsi per prendersi cura di sé, della sua salute mentale. Le sue parole sono piombate con forza nel dibattito pubblico, almeno tra gli appassionati del settore, come una palla demolitrice.

Nonostante lo stigma che circonda la salute mentale nello sport, alcuni atleti della Generazione Z stanno provando a cambiare lo status quo, usando i social come megafono per raccontare al mondo i loro bisogni e spingere sempre più persone a parlarne. Lo avevano fatto in passato anche Simone Biles, la più grande ginnasta di tutti i tempi, e la tennista Naomi Osaka, anche loro con l'obiettivo di incoraggiare le sportive più giovani a cercare aiuto senza vergogna. E non sono le uniche, l'elenco è lungo, soprattutto tra gli atleti più giovani. Tutti probabilmente ispirati dalle parole del cestista Nba Kevin Love, uno dei primi a squarciare il velo in epoca recente con un articolo monumentale su The Players' Tribune.

Una sensibilità e un approccio alla professione sportiva inedita, o quasi, non solo per quanto riguarda il tentativo di abbattere certi muri sul tema della salute mentale: i giovani sportivi stanno mettendo la loro impronta su una trasformazione globale, per certi versi naturale e inevitabile, del panorama sportivo.

Prendiamo ad esempio Pecco Bagnaia, già due volte campione del mondo in MotoGp. In un'intervista recente ha provato a spezzare il luogo comune del motociclista esuberante e sempre fuori dagli schemi, genio e sregolatezza: ha detto che durante la pausa dal campionato la cosa che fa di più è dividere il tempo tra casa e passeggiate, per non pensare alle gare e ricaricarsi per la nuova stagione. «La lucidità in questo mestiere è indispensabile», ha detto. «L'istinto dà una spinta ad andare veloce; forse un briciolo di inconscia pazzia circola, ma in pista ogni gesto è ragionato, ogni scelta è ponderata. È la vena chiusa a trascinarti all'errore».

Le giovani star dello sport sanno come far sentire la loro voce. Rispetto ai loro predecessori hanno più strumenti, e sanno come usarli, conoscono le responsabilità che ne derivano. La possibilità di affrontare qualunque tipo di argomento, nel bene e nel male, senza un filtro, senza telecamere altrui puntate addosso o l'interpretazione di chi deve riportare parole e intenzioni, è un enorme responsabilità.

In quest'epoca di player empowerment gli atleti vogliono essere autori della narrazione che li riguarda e abbattere ogni barriera con il pubblico per far emergere la loro personalità. Vogliono essere loro a guidare il racconto dell'approccio alla competizione, del modo di gestire la pressione, dei valori che incarnano.

Non è necessariamente una spaccatura rispetto alle generazioni precedenti. Alcuni sono consapevoli – e felici – di camminare sulle spalle dei giganti del passato. Lo ricorda ogni volta che può Coco Gauff, tennista afroamericana nata nel 2004. È una delle star del tennis mondiale, apparentemente sempre a suo agio nel parlare di questioni sociali, gender gap e tanto altro. Gauff non ha problemi a farsi portavoce per un'intera generazione di tenniste, atlete e altre persone che hanno meno visibilità di lei. Ma non rinuncia mai a citare LeBron James, Serena Williams, Billie Jean King e Colin Kaepernick come modelli e maestri nell'essere icone globali, figure pubbliche portatrici di un certo schema di valori.

Uguaglianza, inclusività e diversità sono concetti irrinunciabili. Altro elemento caratterizzante è l'approccio scientifico alla disciplina, l'uso dei dati e della tecnologia per migliorarsi, una cura del corpo con pochi precedenti. Molti di loro non si limitano a fidarsi degli esercizi sul campo e in palestra, delle sensazioni, cercano dati e informazioni che possano testimoniare i loro progressi. Per molti atleti, i numeri sono diventati un modo per comprendere meglio il proprio corpo o lo stile di gioco – nel tennis come nel calcio, nel basket e in tante altre discipline. I dati collegano le loro azioni ai risultati e li aiutano a prendere decisioni su come migliorare.

Questa evoluzione vede affermarsi con determinazione e passione una nuova classe di atleti che vuole dimostrare che un approccio diverso alla competizione è possibile. In fondo, il futuro dello sport è loro – anzi, il futuro dello sport sono loro. E lo stanno costruendo già adesso, un passo alla volta, percorrendo e ampliando la strada che altri atleti prima avevano tracciato.

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