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Prevenire la violenza di genere parte dai ruoli educativi: accompagnare le nuove generazioni al rispetto e a liberarsi dalla violenza

Il ruolo di famiglie, scuole e aziende nella costruzione di una cultura del rispetto.

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La famiglia come luogo di condivisione e di cura, come terreno fertile dove imparare la cultura del rispetto e del consenso. Nel mese in cui ricorre la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, Pirelli stringe una collaborazione con la Fondazione Giulia Cecchettin all'interno di un progetto dal titolo: “Prevenire la violenza di genere parte dai ruoli educativi: come accompagnare le nuove generazioni al rispetto e a liberarsi dalla violenza”. A condurre la discussione venerdì 28 novembre saranno Barbara Mapelli, già docente di Pedagogia delle differenze di genere e membro del comitato scientifico della Fondazione, e Claudio Nader, fondatore di Osservatorio Maschile, una realtà che si occupa di tematiche di genere dal punto di vista maschile, e componente del comitato divulgativo della Fondazione. 

Questa iniziativa si inserisce nel più ampio impegno di Pirelli nel promuovere Diversità, Equità e Inclusione, un impegno che prende forma sia nell'integrazione di questi principi nei processi aziendali, sia nelle attività rivolte ai dipendenti e nelle collaborazioni con realtà esterne.

L'appuntamento del 28 novembre 2025 rientra inoltre nel percorso che Pirelli porta avanti per sostenere una genitorialità consapevole e condivisa, riconoscendo il valore dell'educazione nel costruire relazioni rispettose e libere da ogni forma di violenza.
 

 

Prevenire la violenza di genere è una missione che incomincia in famiglia e prosegue con la scuola. Cosa possono fare i genitori per decostruire stereotipi e persistenze culturali, a volte radicati anche nei giovanissimi?

Barbara Mapelli: Le famiglie sono molto cambiate, così come le relazioni. E anche all'interno di quelle tradizionali, si è assistito a un'evoluzione dei ruoli. Se un tempo c'era un'eredità quasi naturale, verticale tra generazioni, ora le cose sono molto diverse. È chiaro che l'esempio familiare e la condivisione dei ruoli all'interno della famiglia sono fondamentali per una crescita armonica. Ma ci sono anche degli esercizi pratici che i genitori possono fare con i propri figli per affrontare certe tematiche, come per esempio discutere di una pubblicità che si è vista in televisione. Questo aiuta a sviluppare il senso critico dei ragazzi, permettendo loro di capire che la realtà non è necessariamente quella che si presenta e che può essere criticata perché propone situazioni fallaci. È un lavoro non semplice e che non tutte le famiglie sono in grado di svolgere. Per questo bisognerebbe immaginare una altrettanto difficile alleanza tra la famiglia e la scuola, che invece spesso manca.
 

Claudio Nader: Insisto anche io sull'importanza che i genitori siano di esempio per i figli con comportamenti concreti. Quando lavoriamo con gli adolescenti ci capita di analizzare alcuni atteggiamenti problematici come il controllo del telefono nella coppia, che spesso ci vengono motivati dai ragazzi come una pratica in uso tra i loro genitori. In questo senso è importante dare riferimenti chiari ai figli. Inoltre, è necessario sapersi collocare nel contesto. Bisogna essere consapevoli che la famiglia può fare una serie di cose, ma che il resto va negoziato con i contesti extra familiari, vale a dire la scuola e il tessuto sociale, che incidono tantissimo.

 

 

A proposito di cambiamento dei ruoli familiari, com'è mutato il ruolo maschile e in che modo si possono coinvolgere gli uomini in percorsi concreti di responsabilità e consapevolezza?

Claudio Nader: Quando si parla di questioni di genere, gli uomini purtroppo non sono coinvolti come dovrebbero perché si affronta solo il ruolo negativo che gli uomini esercitano sulle donne. Cioè si analizzano gli atteggiamenti che consideriamo problematici. Poche volte si parla invece di maschile. Questo è uno degli elementi che aliena l'intera categoria da queste conversazioni. Quando invece riusciamo a mettere a fuoco delle questioni che sono prettamente maschili, come la paternità e gli stereotipi contro cui combattere, gli uomini e i padri sono molto interessati, molto più di quanto siamo abituati a pensare. Quell'enorme resistenza che sembra che ci sia da parte degli uomini, nella maggior parte dei casi è solo inconsapevolezza. Cambiare ogni tanto il punto di vista permetterebbe di portare a bordo gli uomini in maniera molto più interessata e consapevole.

 

 

 

 

Inasprire le pene purtroppo non basta a fermare i femminicidi, occorre un cambiamento culturale e per questo è importante il dialogo tra attori pubblici e privati. Cosa possono fare le aziende?

Claudio Nader: Per certi aspetti il contesto lavorativo è ancora molto legato a logiche gerarchiche, per esempio nella suddivisione dei ruoli. Esistono contesti e abitudini che non sono ancora stati problematizzati. Per cui il lavoro di presa di coscienza all'interno delle aziende è fondamentale. In questo senso sono stati fatti progressi importanti. Quello che si può fare sempre di più in ambito corporate è quello di aggiungere alla formazione dei momenti laboratoriali, facendo fare dei percorsi ai propri collaboratori. Lotta alla violenza di genere, stereotipi e cultura del consenso non sono temi solo teorici e sociologici, ma anche molto individuali, che toccano tante esperienze personali. Per questo è importante insistere sul coinvolgimento della popolazione aziendale e non solo sulla somministrazione di informazioni.

 

 

Pirelli ha aderito all'Associazione PARI, impegnata nell'affrontare la violenza di genere nei luoghi di lavoro e non solo. Tra le principali iniziative di sensibilizzazione rivolte alle persone in azienda rientra anche l'incontro del 28/11 con la Fondazione Giulia Cecchettin. Quali temi sono stati trattati?

Claudio Nader:Abbiamo parlato del contesto familiare, dell'evoluzione dell'idea di famiglia che è in corso, per poi ragionare sui ruoli madre-padre, che ancora si portano dietro tanti preconcetti che proveremo a decostruire. Dedicando un focus in particolare al coinvolgimento del mondo maschile sia per quanto riguarda temi come la mascolinità che quelli legati alla paternità. Passando poi ad affrontare le varie forme di violenza che si possono sviluppare in contesti familiari di vario tipo.
 

Barbara Mapelli: Le famiglie non sono un luogo di idillio, ma un luogo di potere. Ed è bene sapere che questo potere può trasformarsi in forme di violenza molto varie. Non necessariamente fisiche. Insieme abbiamo analizzato come si esercita il potere in famiglia, a partire dalle prime manifestazioni, per capire come evitare che si evolvano in violenza contro le donne, ma anche ai danni dei bambini. Ricordiamo che i bambini, anche se non subiscono direttamente violenza, subiscono quella che viene chiamata violenza assistita. E noi sappiamo che chi assiste a forme di violenza ha molte probabilità di diventare violento nella propria crescita. Infine, abbiamo dato alcuni suggerimenti su titoli di film e libri da affrontare insieme ai propri figli perché, come ricorda l'ultima ricerca del Centro Internazionale Studi Famiglia dedicata alle famiglie di oggi, la felicità dipende dalla capacità di cura e condivisione, dal senso di fiducia, cooperazione e reciprocità che si riescono a costruire in famiglia.

 

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