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Nido e scuola dell'Infanzia Bicocca: “Il bambino al centro”

Susanna Mantovani, professoressa onoraria e garante del progetto, spiega la filosofia che anima il polo per la prima Infanzia coordinato dal Dipartimento di Scienze umane per la formazione dell'Università Bicocca

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“Ogni bambino è unico e il suo sviluppo procede a ritmi variabili. Si parte da lui, non da un metodo”. Lo spiega la professoressa Susanna Mantovani, considerata un punto di riferimento in Italia e all'estero quando si parla di infanzia, di sviluppo e di educazione, ma anche di politiche per la famiglia e di formazione professionale di insegnanti ed educatori. E' oggi professoressa onoraria del Dipartimento di Scienze Umane per la formazione “R. Massa”, presso l'Università Bicocca di Milano. La sua ricerca scientifica nell'ambito dell'infanzia, dei servizi educativi e per le politiche della famiglia si è sviluppata fin dalla nascita del Dipartimento di Scienze per la formazione “R. Massa” e ha ispirato la pedagogia del Nido e della Scuola Bambini Bicocca. E' stata preside della facoltà di Scienze della formazione (2001-2007) e pro-rettrice vicaria dell'Università Bicocca (2007-2013), nonché membro del Consiglio di Amministrazione (2013-2016).

Com'è nata l'idea del Nido e della scuola dell'Infanzia “Bambini Bicocca”?

E' capitato nel 2003 quando ero preside di della facoltà di Scienze della Formazione e il quartiere Bicocca stava crescendo velocemente. Il rettore dell'Università stava cercando spazi per ampliare l'offerta formativa dell'ateneo e, alla richiesta, il Comune ci rispose chiedendo se fossimo disposti ad aprire anche un nido. Facendo ricerca, mi ero sempre occupata di servizi per l'infanzia e per me fu quasi naturale accettare la proposta. Il nido apre nel 2005 in un'ala dell'edificio U16 di via Giolli e, oltre a garantire il servizio per chi lavora in Università, ha subito stipulato una convenzione con Pirelli, azienda storica del quartiere Bicocca, diventata sostenitrice del progetto, permettendo ai figli dei dipendenti di accedere alla scuola. E' nata così un'iniziativa di welfare aziendale di qualità, che, grazie all'Università, promuove la ricerca e la formazione, perché il Nido è anche laboratorio di formazione dei servizi educativi per l'infanzia e sede di tirocinio per i futuri educatori.

Chi gestisce il progetto?

Il progetto pedagogico scientifico è in mano all'Università, al Dipartimento di Scienze Umane per la formazione e io ne sono la garante. Il Comune ha offerto in concessione lo spazio di via Giolli, al quale poi è stato aggiunto lo spazio in piazza dei Daini, dove nel 2017 abbiamo aperto la Scuola dell'Infanzia. Dall'unione del Nido con la Scuola dell'Infanzia, ne è nato un polo, ovvero un sistema integrato che cura l'educazione del bambino dai 0 ai 6 anni. Ora la parola “polo infanzia” è entrata nella normativa attuale, ma quando siamo partiti noi non era così scontato concepire un percorso unico per i due cicli.  Nel 2019 è stata creato lo spin off universitario “Bambini Bicocca” che gestisce Nido e Scuola e ha sette soci: sei cooperative sociali e una Fondazione (la Nuova Musica).

Qual è la filosofia che lo anima?

La nostra filosofia pone al centro il bambino. L'idea è che il bambino sia competente e molto attivo fin dai primi mesi di vita e che nei primi anni lo sviluppo proceda a velocità variabili. Ogni bambino è unico, specifico, ha i suoi tempi e il suo temperamento. Per questo non abbiamo un metodo codificato e rigido per scelta, abbiamo una grande esperienza di ricerca e conosciamo molti metodi, grazie ai quali riusciamo ad adeguare le proposte alla specificità di ogni bambino e di ogni gruppo. C'è molto rispetto dei ritmi dello sviluppo, che non vuol dire non avere attenzione all'apprendimento e a un' offerta ricca e ben progettata di esperienze e attività scientifiche, linguistiche, espressive. Riteniamo che oggi – ormai l'importanza di un'educazione ricca fin dai primissimi anni è riconosciuta da tutti – un aspetto molto importante, e direi anche urgente, sia offrire ai bambini esperienze sociali ricche ed equilibrate con i coetanei e adulti non familiari. Direi che l'equilibrio tra individualizzazione e socialità, tra proposte progettuali e esperienze di apprendimento cooperativo e di condivisione, tra esperienze familiari ed esperienze offerte nel niso e nella scuola sono il tratto distintivo del nostro approccio. Il mondo cambia, lo abbiamo visto in questi anni, e l'offerta formativa va costantemente ripensata, verificata e adattata per attrezzare i bambini ad affrontare la conoscenza del mondo.

Ma come si riesce a camprendere bene le esigenze di ogni bambino?

Sono fondamentali l'ascolto e l'osservazione, non ci devono essere automatismi bensì flessibilità: un dialogo con ciascuno, una discussione costante con il gruppo di bambini. Così si scoprono i loro talenti ed emergono le caratteristiche che li contraddistiguono. La lingua ne è un esempio, se si deve parlare delle foglie o delle sensazioni, tutti parlano in modo diverso e il linguaggio cambia e si adatta ai temi e alle circostanze per ognuno di loro.

Quali sono le vostre attività di ricerca?

Abbiamo progetti e su diversi temi, per esempio sul plurilinguismo, sulla scienza, proponiamo esperienze naturalistiche, la robotica educativa, l'inclusione. Nel nido e nella scuola, l'inglese accompagna le attività con più voci, tra le quali quella di Richard che arricchisce la sua presenza con musica e attività circensi. Non siamo una scuola bilingue, ma proponiamo riflessioni su come si parla e su come il bambino interagisce con una lingua che non è la sua. Nel nido stiamo poi sperimentando gruppi con bimbi di età diversa, perché è importante che conoscano la complessità sociale e sviluppino la necessità di rispetto e responsabilità nei confronti dell'altro. Abbiamo partecipato a diversi progetti internazionali; in un progetto europeo (CARE) il Nido è stato analizzato come caso esemplare. Oggi siamo convolti in un altro progetto come Hub per sperimentare laboratori scientifici inclusivi ( C4S Community for Science).

Cosa devono lasciare gli anni del nido e della scuola dell'infanzia nel percorso di crescita di un bimbo?

In questi anni il bimbo impara a fare domande, sono esploratori indefessi. Questa voglia poi cala nel periodo scolastico. Mantenere viva questa curiosità, farsi le domande e lavorare in gruppo sono insegnamenti che dovrebbero rimanere.  In questi anni la socialità si sviluppa e consente apprendimenti più ricchi, amicizie, benessere. Si può apprendere ad essere liberi e al tempo stesso a fare i conti con  le regole della comunità.

Come deve essere il rapporto tra educatori e bambini?

Innanzitutto educatrici e insegnanti si devono divertire e appassionare e devo dire che i nuovi laureati di Scienze umane per la formazione, oggi sono molto ben disposti. Quasi tutte le nostre educatrici e insegnanti sono laureate alla Bicocca. Riusciamo così a creare un gruppo di adulti coerenti. Dobbiamo essere consapevoli che gli educatori sono un modello, i bambini imparano a comportarsi a scuola e ripetono il modo di fare degli insegnanti, perché rifanno quello che vedono a scuola. E i bambini capiscono se gli insegnanti sono appassionati o no. Ci devono poi essere interesse, libertà di stimoli e tempo per approfondire. E tutto ciò che serva anche alla ricerca. I bambini sono tutti ricercatori.

Che ruolo hanno i genitori e come vengono accompagnati in una fase che per tanti rappresenta un primo distacco dai figli?

E' un ruolo di enorme importanza, i genitori non sono mai un optional. Il bambino arriva al nido già con un corredo di relazioni, quelle principali, che gli fornisce la famiglia. La famiglia, anche quando le situazioni non sono felici, ha una grande riserva di energie emotive ed è sempre un interlocutore essenziale. Per accompagnare i genitori nel loro impegno educativo, cerchiamo di conoscerci e di programmare con regolarità gli incontri individuali, che vanno a integrare gli incontri di gruppo e tematici. Lo sviluppo, in tempi di Covid, dei collegamenti da remoto ci ha permesso di introdurre anche le chiamate brevi tra insegnanti e genitori e hanno avvicinato di più i papà alle attività del nido e della scuola. Il sostegno alle mamme, in particolare al nido, è cruciale anche perché i bambini oggi vengono portati al nido quando hanno pochi mesi. E'una scelta di grande fiducia  nei nostri confronti che richiede da parte nostra sollecitudine e delicatezza.

La pandemia da Covid ha avuto un impatto importante sui più piccoli, sulle famiglie e su chi lavora nel mondo dell'educazione. Che segno ha lasciato?

Il segno del Covid è rimasto. Da una ricerca condotta da Bambini Bicocca con SICUPP (Bambini e lockdown, la parola ai genitori ), una delle associazione dei pediatri di  base, attraverso un questionario rivolto a genitori con figli da 0 a 11 anni, è emerso  che mentre durante il primo lockdown la maggioranza dei  genitori dicevano di potercela fare, dopo il secondo molti sostenevano di non farcela più. Di fatto i genitori hanno vissuto il Covid con molta fatica, anche laddove non c'erano situazioni di disagio. La nostra e altre indagini hanno rilevato nei bambini difficoltà riguardo il controllo dell'umore. I più piccoli sono apparsi più forti, ma hanno mostrato qualche segnale di disagio con pianti più frequenti e ritiri più marcati.  In alcuni casi, c'è stata una sofferenza maggiore, con lutti e malattie. Vedere mancare un nonno, sentire le preoccupazioni e l'incertezza dei genitori fa risuonare nei bambini l'ansia dell'adulto. Un altro segno l'ha lasciato la mascherina indossata da educatrici e insegnanti: ha ritardato la lettura delle emozioni, della modalità di articolare le parole e l'apprendimento della lingua, ha limitato le interazioni e influito sul tono della voce. E' stata una limitazione effettiva e vissuta: gli insegnanti non potevano condividere i pasti con i bambini e per noi il pranzo comune è un momento conviviale importante, di benessere, di conversazioni, di apprendimento naturale e sereno delle regole e delle autonomie.

E quali insegnamenti per il futuro?

Nuove e più intense, ma anche più articolate attività di contatto con la famiglia, stare tanto all'aperto senza timore del freddo, pratiche igieniche frequenti e naturali. Finalmente abbiamo capito che i bambini si sanno autoregolare ed è aumentata l'attenzione alle buone abitudini di igiene e di alimentazione. Certe regole, come il lavarsi le mani, vanno rispettate. Quando dubitano i genitori e le maestre, dubitano anche i bambini, quando gli adulti sono convinti e dunque serenamente decisi - e non poteva essere altimenti col Covid -  i risultati si sono visti.