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La specialista dei colori

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Quando pensiamo alle forze che influenzano il nostro comportamento e la nostra vita ne dimentichiamo spesso una dal potere sotto pelle e costante: il colore può determinare il nostro umore e il nostro giudizio, pesare sull'idea che gli altri hanno di noi e convincerci a comprare o meno qualcosa. È una forza che negli anni acquisterà ancora più peso: viviamo una vita sempre più colorata dove il mondo reale e policromo si mescola a quello virtuale e immaginario che fino a cento, cinquanta e trent'anni fa era in bianco e nero nella fotografia e nella tv, e in nero e verde sui monitor dei primi computer. Da un lato la qualità degli schermi è in grado di riprodurre con ricchezza e precisione la realtà, dall'altro i social network, in particolare Instagram e i suoi filtri, stanno raffinando e amplificando la nostra percezione del colore. Ci sono poche persone più adatte a commentare e a maneggiare questa tendenza e questa potenza di Leatrice Eiseman: una signora americana minuta e di mezza età, con caschetto e modi cortesi, considerata tra i massimi esperti e consulenti di colore al mondo – “the international color guru", la chiamano. «Penso che le nuove forme di comunicazione abbiano aperto la consapevolezza delle persone al colore in modo più rapido che mai – mi spiega scrivendomi via email dalla sua casa a Bainbridge Island, nello stato di Washington. – Anche le persone che non sono particolarmente interessate o capaci di accostare e distinguere le tinte si rendono conto che non è proprio così. Una maggiore esposizione al colore comporta una maggiore consapevolezza del colore, e questa è una conseguenza sempre positiva perché arricchisce e rende più interessanti le nostre vite».

Così si può dire della vita di Eiseman: dopo la laurea in Psicologia alla Antioch University di Seatlle ha approfondito gli studi nel mondo della moda e dell'interior design, ha scritto nove libri sui colori – ora è impegnata nella stesura del decimo –, tiene corsi e seminari su come abbinarli, si occupa costantemente di «fare ricerca sulla psicologia dei colori» (la disciplina che studia come influenzano il nostro umore e comportamento), che definisce «la mia specialità insieme a individuare le nuove tendenze», cosa che la porta a viaggiare continuamente in tutto il mondo. Eiseman ha anche fondato e dirige un istituto di consulenza sull'utilizzo del colore nel marketing e nella comunicazione che aiuta le aziende a scegliere la sfumatura giusta del logo, del packaging, fino alle pareti dei negozi. È una scelta fondamentale visto che secondo studi recenti il colore pesa dal 60 al 90 per cento sulla decisione di acquistare qualcosa, ed è centrale nella costruzione del marchio: una emme gialla fa pensare subito a McDonanld's, la parola Coca Cola è inevitabilmente associata al bianco e al rosso, mentre l'apparizione del turchese della scatolina di Tiffany – color uova di pettirosso, per la precisione, perché sono davvero così – ha fatto balzare il cuore in gola a più di qualcuna. Eiseman ha anche un blog personale, una pagina Facebook e ha da poco aperto un account su Instagram. 
Il ruolo per cui è comunque più conosciuta è la collaborazione trentennale con Pantone, l'azienda per eccellenza in fatto di colore, famosa per il sistema con cui li categorizza che viene utilizzato ovunque nella grafica, nella moda, nel design, persino nella cucina (come insegna lo stilista Calvin Klein, che diede una palette Pantone al suo cuoco perché gli preparasse ogni giorno il caffè della sfumatura che desiderava). In particolare Eiseman è la direttrice del Pantone Color Institute che dal 2000 seleziona, affidandosi a un ristretto numero di esperti, il colore Pantone dell'anno. È un'iniziativa recente ma molto attesa dalle aziende, che si affrettano a produrre oggetti e capi in quella tinta mentre altre si limiteranno a prendere ispirazione per le collezioni a venire. È anche un evento che ha permesso a Pantone di diventare pop sfruttando sapientemente riviste, internet e social network: puntualmente si sprecano gli articoli su che oggetti comprare del color Pantone dell'anno e su come abbinarlo ad altre tinte, e pullulano progetti grafici più o meno originali come le onnipresenti raccolte di serie monocromatiche.
L'aspetto interessante del colore dell'anno Pantone, che rivela in modo calzante anche il modo di lavorare di Eiseman, è che non si tratta di un dettame estetico, come non sono unicamente estetici i criteri con cui viene individuato: è un tentativo di catturare lo spirito del tempo e rispondere attraverso il colore ai desideri e alle necessità delle persone in un dato momento. Per il 2017 Eiseman e i suoi collaboratori hanno scelto il Greenery, cioè il Pantone 15-0343, che unisce il verde chiaro a una punta di giallo: «è una tinta rinfrescante e rivitalizzante, simbolo di un nuovo inizio – mi spiega Eiseman – È una sfumatura di verde fresca ed energizzante che ricorda i primi giorni di primavera, quando la natura si risveglia, ristora e rinnova. Fa pensare al fogliame rigoglioso e alla natura lussureggiante, e queste sensazioni rinfrancanti del Greenery invitano le persone a fare un bel respiro, riempirsi i polmoni di ossigeno e sentirsi rinvigorite. Soddisfa il nostro crescente desiderio di rinnovarci, sentirci di nuovo vivi e uniti, e simboleggia anche il tentativo di riconnetterci con la natura, un altro bisogno dei nostri tempi». 
È quindi chiaro che il colore dell'anno non è circoscritto a dodici mesi, ma individua e riconosce un bisogno e una tendenza che cresceranno nel tempo: «questo desiderio innato di immergerci nella bellezza e nella coesione del mondo naturale», mi spiega sempre Lee, «è riflesso dal proliferare di tutte le cose che esprimono il Greenery nella vita di ogni giorno: nell'urbanistica, nell'architettura, nelle scelte del design in tutto il mondo. Prima era una tinta ai margini, ora è in primo piano e onnipresente in tutto il mondo». È in questi stessi settori che Eiseman riconosce l'emergere a sprazzi dei colori che verranno: osserva attentamente le sfilate di moda e le palette dei film di maggior successo, partecipa a fiere e mostre in tutto il mondo, visita i negozi di arredamento più in voga e le gallerie d'arte più rinomate o d'avanguardia, e poi riemerge da questo oceano cromatico ed emotivo individuando i desideri, le inquietudini, le speranze ricorrenti e le cromie in cui sono tradotti. Eiseman spiega così il suo lavoro: «Devo tenere i miei occhi costantemente aperti alle influenze dei colori, che vengano dal mondo dello spettacolo, della moda, dell'interior design, persino dal disegno industriale o dalla scenografia. Faccio anche attenzione a quello che le persone dicono di rilevante sulle loro vite: il nostro obiettivo è scegliere un colore che aiuti a soddisfare i bisogni». 

Tra i luoghi che Eiseman frequenta abitualmente e che sono centrali nel suo lavoro c'è anche il Salone del Mobile di Milano, di cui parla spesso anche sul suo blog pubblicando qualche fotografia che ha scattato (a quello del 2017 ne ha fatte più di 1270). Mi racconta che «mi piace andare a Milano, è una zona piena di talento da cui prendo molta ispirazione» e aggiunge che «non è solo il Salone ad aiutarci molto nelle nostre scelte, lo sono anche il quartiere di Brera e altre zone come la Triennale, dove possiamo vedere molti talenti e combinazioni di colore che sono belle o intriganti, insieme alle storie che raccontano». Approfitto per chiederle quale colore associa a Milano, pregiudizialmente considerata grigia e inquinata ma che negli ultimi anni si è rinnovata e trasformata con nuovi quartieri, spazi verdi e palazzi, tra cui il – decisamente verde se non proprio Greenery – Bosco verticale di Stefano Boeri. «Mi riesce difficile scegliere soltanto un colore per rendere al meglio Milano – mi risponde – anche perché questa decisione non va presa soltanto basandosi sull'architettura di una città ma anche sulle persone che ci abitano. A Milano ne ho incontrate molte (di solito siamo ospiti di amici a Brera) di calorose e accoglienti, e davvero in gamba in fatto di colori. Quando ripenso a loro mi vengono in mente sofisticate sfumature di melanzana, foglia di tè, blu scuro, nero, vino (ovviamente), qualche verde oliva, spruzzati di fucsia sullo sfondo di varie sfumature di grigio e greige».
È una definizione che rivela l'acutezza di Eiseman nel cogliere l'atmosfera di una città e dei suoi colori, come anche questa di Los Angeles, in cui ha vissuto fino al 1990: «un posto magico, pieno di sole ed energia. Era una città in Technicolor, dispiegata tra aranceti, montagne e l'onnipresente Oceano Pacifico; e quando mare e spiaggia non erano disponibili le piscine invece erano ovunque». Tutto questo sole e questa luce accecante non sono la cornice ideale per un esperto di colori, mi spiega: «In California dovevo allontanarmi dal sole per accostare i colori, a  meno che si trattasse di abbinamenti da esterno dove la luce era quindi importante. La luce del sole distorce molto i colori, il che non è una cosa buona per chi li studia!». Quindi Eiseman decise di trasferirsi in un luogo più tenue e delicato come Bainbridge Island, che nell'immaginario americano è grigia e piovosa ma, mi assicura lei, è «soltanto un mito del Nord-est»: piove solo d'inverno e a inizio primavera, e quella pioggia «permette di far fiorire i giardini in modo incantevole». Soprattutto «questo è il posto migliore al mondo per accostare i colori, in questa atmosfera risplendono nella loro autenticità». La sua passione per il colore è però nata in un'altra città ancora, Baltimora: è qui che è cresciuta influenzata dalla madre che ogni anno ritinteggiava completamente la casa – una volta colorò anche la griglia del barbecue (broiler) rischiando di mandare a fuoco tutto – pianoforte compreso: quando venne venduto, ricorda Lee, aveva sopra 20-25 strati diversi e doveva pesare una tonnellata.
Come in tutte le cose, anche nel mondo del colore non basta il talento naturale, bisogna sperimentare, studiare e aggiornarsi di continuo. Per diventare un esperto Eiseman consiglia di «leggere tutto quello che si può trovare in giro a proposito, ma soprattutto tenere gli occhi aperti su quel che ci circonda nella vita di ogni giorno. Osservate come la Natura combina i colori. Notate come i prati dall'erba verde appaiono sotto un cielo blu pervinca: quello è il modello perfetto per una combinazione di colore. Lasciate che sia il vostro senso del colore e il sentirvi a vostro agio a decidere per voi. Ovviamente anche tenersi costantemente allenati è importante, ed è per questo che continuo a insegnare». E poi bisogna imparare a sentire e definire in modo accurato un colore, allo stesso modo in cui si fa con un piatto o un vino raro: «Il colore è inevitabilmente collegato a tutti i nostri sensi. Possiamo definire una tinta "morbida" per descrivere le qualità tattili di un Pantone Blue Cashmere, o possiamo pensare a un profumo, come per il Pantone Peach Blossom che è collegato al nostro olfatto. Anche il gusto viene fuori: il rosa è legato alla dolcezza, il verde lime, ovviamente, a un sapore frizzante e un po' acidulo». Come ci siamo serviti per secoli dei colori nell'evocare e raccontare il mondo, anche il mondo può tornare utile per definire la grana e il carattere di una sfumatura. 
L'approccio di Eiseman è molto concreto, emotivo e personale e non stupisce una certa diffidenza ai tentativi di applicare l'Intelligenza artificiale alla scelta dei colori: «Quando i sensi hanno un tale peso nelle nostre scelte quotidiane, è facile capire che un robot non potrebbe essere un buon consulente del colore. Le emozioni e le reazioni umane non possono essere sentite da un robot e il confronto tra il cliente e il consulente porta spesso a risposte negative ai colori. La scoperta di una risposta negativa è gestita meglio con cura e comprensione, e questo può portare a nuove idee sul colore e su come viene percepito. Non riesco a immaginare di comunicare quelle impressioni negative a un computer, voi sì?». Nel frattempo il mondo del colore continua a evolversi e modificarsi in altri ambiti e nuovi pigmenti vengono creati e individuati grazie a nuove tecnologie ed esperimenti fortuiti. Il più recente e famoso è il "vantablack", il nero più nero del mondo, prodotto dalla società britannica Surrey NanoSystems e in grado di assorbire il 99,965 per cento della luce fino a far perdere la tridimensionalità agli oggetti a cui è applicato; i suoi diritti sono stati comprati dall'artista Anish Kapoor, l'unico a poterlo usare. E poi c'è lo YInMn Blue scoperto nel 2009 laboratorio di chimica della Oregon State University: era da 200 anni, dopo l'introduzione del cobalto, che non veniva trovato un pigmento blu non organico. 
È quindi probabile che non solo avremo sempre più accesso al colore ma anche a più colori. E come scrive Eiseman sul suo blog, quando una nuova combinazione di colore compare sulla scena, circa di il 10 per cento delle persone la adotterà subito mentre il restante 90 per cento avrà bisogno di tempo per abituarsi; ma «anche quelli inizialmente più scettici e restii finiranno per accettarlo». A quel punto le aziende più svelte e all'avanguardia avranno già acquisito e fatte loro le tinte più interessanti, conquistando i clienti più attenti a ciò che è nuovo, raro ed esclusivo; così anche il lavoro dell'esperto di colori diventa più competitivo ed esigente. Quel che possiamo fare noi altri, più o meno appassionati, è tenere traccia delle orme di Eiseman, che racconta costantemente sul blog e sui social network le sue attività e le sue esplorazioni in giro per il mondo: possiamo immaginare di tastare con lei il polso di quell'universo caotico e variegato e di riemergere da quel guazzabuglio di tinte e accostamenti con quelli che desideriamo e che cerchiamo, senza ancora saperlo.

 

Leatrice Eiseman
L'americana Leatrice Eiseman è una dei massimi esperti di colore al mondo. Dopo aver studiato psicologia all'Antioch University di Seattle, si è avvicinata ai campi della moda e dell'interior design prima di specializzarsi in “psicologia dei colori”. Ha fondato e dirige una società che offre consulenza sull'utilizzo del colore nel marketing e nella comunicazione. Ha fatto coppia con Pantone per 30 anni e dirige oggi il Color Institute dell'azienda, che dal 2000 è promotore del Colour of the year, dal Chili Pepper del 2007 al Serenity del 2016. Eiseman tiene regolarmente corsi e seminari in tutto il mondo dove insegna come il colore influenza la psicologia e l'umore, e porta avanti una costante attività di ricerca per identificare nuove tendenze e cromie. Ha scritto nove libri sul tema, inclusi Colors For Your Every Mood e Pantone - storia del XX secolo a colori. È membro dell'American Society of Interior Designers, dell'Industrial Design Society of America e del Fashion Group.

 

 

 

La codifica del colore
Pantone è nata come società di stampa commerciale negli Stati Uniti nel 1950 e subito ha realizzato l'importanza della standardizzazione dei colori lungo le tappe del processo di design. Ha sviluppato il Pantone Matching System, che rende possibile identificare un colore attraverso un codice e riprodurlo in maniera identica ovunque da Shanghai a Milano a Nuova Delhi. Il suo diagramma di colori e i corrispondenti codici sono utilizzati in tutti i contesti dalla grafica alla moda. Ogni anno dal 2000 la compagnia ha selezionato il Colore dell'Anno di Pantone che si dice sia la migliore rappresentazione dello spirito dei tempi.