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Albero della Vita: il simbolo tutto italiano di Expo Milano

Alto 35 metri, chioma in legno larga 42 metri, diametro di 2 metri e mezzo. Sono queste le cifre dell'Albero della Vita: una storia di ingegneria

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In 6 mesi 14 milioni di persone hanno assistito ai suoi spettacoli, i due terzi dei visitatori di Expo. 800mila sono i click del suo spettacolo su Youtube. Il suo hashtag #albero della vita ha superato #albero di Natale.. Sono solo alcuni dei numeri che decretano il successo dell'Albero della Vita, che così come avvenuto con la Tour Eiffel, costruita per l'Expo del 1889 di Parigi, è destinato a rimanere nel tempo il simbolo dell'Expo Milano 2016. Non tutti, però, hanno avuto il privilegio di guardare ‘dentro' l'Albero della Vita, di avventurarsi nei suoi 11 piani di tecnologia su cui si regge la sua larga chioma in legno. E di capire che dietro alla sua chioma, ai suoi spettacoli, alla sua capacità di affascinare il mondo di Expo c'è una storia di ingegneria: scoprilo cliccando sul video... 

La visita rivela quindi una storia di ingegneria nella sua definizione più pura e originale, quella secondo la quale essa è "la disciplina che studia l'applicabilità delle conoscenze scientifiche alle necessità della vita civile e del suo sviluppo socio-economico". È proprio con questi propositi in testa che nel 2013 un gruppo di imprenditori bresciani inizia a interrogarsi su quale potrebbe essere, in occasione dell'esposizione di Milano, da una parte il giusto segno da lasciare e dall'altra la migliore opportunità da cogliere.

riassumono all'unisono Paolo Franceschetti e Giancarlo Turati, rispettivamente presidente e consigliere delegato del consorzio "Orgoglio Brescia", quando viene chiesto loro il motivo per cui hanno scelto di gettarsi in quest'avventura. "Orgoglio Brescia" è la sigla sotto la quale hanno deciso di riunirsi diciannove realtà del sistema imprenditoriale bresciano per dare vita alla realizzazione di quello che avrebbe voluto essere, riuscendoci, una vera e propria icona della manifestazione. Un'avventura in cui, non a caso, hanno partecipato altre due realtà che hanno un forte legame con il territorio: Coldiretti e Pirelli. Un legame che, nel caso del gruppo della Bicocca, si coniuga con la sua vocazione all'innovazione e alla tecnologia e con il suo desiderio di contribuire a lasciare un segno tangibile sul territorio urbano. Come già avvenuto, ad esempio, quando l'azienda contribuì alla realizzazione della Metropolitana Milanese, nel 1964, fornendo, tra l'altro, il pavimento a bolle in gomma che ancora oggi la caratterizza.

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Con il supporto degli altri due sponsor, il consorzio bresciano ha lavorato sul rendere edificabile un'idea e un concept di Marco Balich, direttore artistico del Padiglione Italia:

ha raccontato Balich nel libro "Ritratto di un sogno", pubblicato proprio per celebrare l'Albero della Vita. Dopo aver superato tutti gli ostacoli burocratici del caso e aver ottenuto il sì definitivo al progetto, inizia una vera e propria corsa contro il tempo, con protagonista assoluta l'eccellenza del saper fare italiano: il Consorzio si costituisce il 12 dicembre del 2014, il cantiere apre il 9 gennaio del 2015, l'iconica chioma in legno viene sollevata fino alla cima il 4 marzo del 2015, l'Albero viene finito e consegnato ufficialmente a Expo il 27 aprile del 2015. Date che significano tre soli mesi di lavoro per un'opera davvero considerevole dal punto di vista delle dimensioni e dell'ingegneria. Basta un giro dentro e fuori dall'Albero a rivelare la sua complessità: l'opera è alta 35 metri, la chioma in legno è larga circa 42 metri ed è montata su un controtubo d'acciaio che a sua volta è fissato su un tubo centrale, anch'esso d'acciaio, il cui diametro misura 2 metri e mezzo. Dentro il tubo centrale corre una scala a chiocciola che si arrampica per 11 piani; i giochi di luce che hanno caratterizzato i 1260 spettacoli cui l'Albero ha dato vita durante Expo sono stati resi possibili grazie a 7 chilometri di Led e 25 chilometri di cavi elettrici, più o meno quelli che occorrono per servire 5000 utenze normali. Sono gli stessi Turati e Franceschetti, mentre salgono la suggestiva scala a chiocciola interna, a raccontare i momenti clou di questa avventura: la trovata del legno – larice siberiano, particolarmente flessibile e adatto alla struttura sinuosa – al posto del solo acciaio con cui era stato pensato inizialmente l'albero; l'idea di ancorare la chioma a un controtubo e la conseguente suspance provata nel giorno in cui si è andati a issarla in alto. Lassù da dove affacciandosi, fino agli ultimissimi giorni di Expo, si poteva osservare la folla sconfinata radunata di sotto. Un'immagine che suggella il successo di Expo e ne consegna il simbolo alla città. Missione compiuta.